Un giudice federale della California ha stabilito che l’intelligenza artificiale può essere addestrata utilizzando libri protetti da copyright, a condizione che siano stati legalmente acquistati. La decisione rappresenta un potenziale punto di svolta nel dibattito tra industria tecnologica e mondo dell’editoria.
A pronunciarsi è stato William Alsup, giudice della corte distrettuale della California settentrionale, nell’ambito della causa contro Anthropic, la startup rivale di OpenAI e Google, sviluppatrice del chatbot Claude. Secondo il giudice, l’uso di testi per addestrare modelli linguistici rientra nel cosiddetto “fair use”, la dottrina che negli Stati Uniti consente un uso limitato di opere protette da copyright senza richiedere il permesso del titolare. Alsup ha paragonato il processo di apprendimento delle IA a quello umano: leggere libri per imparare.
“Siamo lieti che il tribunale abbia riconosciuto l’uso di opere per addestrare i large language models”, ha commentato un portavoce di Anthropic dopo la sentenza.
La vicenda giudiziaria era stata innescata da una class action intentata dagli scrittori Andrea Bartz, Charles Graeber e Kirk Wallace Johnson, che hanno accusato Anthropic di aver copiato illegalmente i loro libri per addestrare Claude, diretto concorrente di ChatGPT. In base ai documenti presentati in aula, la società avrebbe acquistato copie legittime dei volumi, scansionandole e digitalizzandole per costruire una biblioteca interna destinata alla formazione dei propri modelli.
Tuttavia, la causa non è chiusa: il giudice ha stabilito che il procedimento andrà avanti per accertare eventuali danni legati all’uso di copie pirata. Questa parte, secondo Alsup, configura una chiara violazione del diritto d’autore, a prescindere dalla finalità formativa.
Anthropic ha fatto sapere di non condividere questa parte della decisione e di essere al lavoro per valutare le opzioni legali a disposizione.