L’Italia approva la prima legge nazionale sull’intelligenza artificiale

robot umanoide

Un miliardo di euro è destinato a ricerca, innovazione.  Una scelta fondamentale: l’intelligenza artificiale non può sostituire l’uomo. 

Con il voto del Senato nella seduta del 17 settembre, l’Italia è il primo Paese dell’Unione europea a dotarsi di una legge quadro nazionale sull’intelligenza artificiale. Un primato che assume un valore simbolico e politico rilevante, perché arriva prima dell’entrata in vigore completa del Regolamento europeo sull’IA, prevista dal 2026.

La nuova legge non presenta solo un impianto tecnico. Punta piuttosto a delineare un quadro valoriale dí fondamentale importanza: l’intelligenza artificiale può affiancare l’uomo, ma non sostituirlo. In sanità, ad esempio, l’IA potrà supportare il medico nell’elaborazione di diagnosi sempre più accurate, ma la decisione finale resterà al professionista. In giustizia, potrà affiancare magistrati e uffici giudiziari, ma la responsabilità dei giudizi non sarà mai delegata a una macchina. Sembra scontato ma non è così.

Il legislatore ha previsto una struttura di vigilanza affidata all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale e all’Agenzia per l’Italia Digitale, con il compito di monitorare applicazioni e sviluppi legati all’IA. 

Ma c’è di più. Accanto ai controlli, arrivano anche investimenti: circa un miliardo di euro è destinato a ricerca, innovazione, piccole e medie imprese, start-up e progetti tecnologici avanzati.

La legge introduce anche misure per prevenire abusi e rischi legati alle nuove tecnologie. In particolare, sono previsti strumenti per contrastare i deepfake, tutelare la trasparenza delle informazioni, rafforzare la sicurezza dei sistemi e garantire la tracciabilità dei dati.

Il cuore della normativa non è soltanto tecnico, ma culturale e antropologico. “La macchina non può avere l’ultima parola”: questo principio ispira l’intero testo, che ribadisce la centralità dell’uomo e la dignità della persona come fondamento della società e del diritto. Una visione attenta ai rischi di una tecnologia che possa ridurre l’uomo a dato o algoritmo.

Il significato è chiaro: affidare decisioni che incidono sulla vita delle persone a un’intelligenza artificiale significherebbe tradire il senso stesso di responsabilità e di convivenza civile.

La legge italiana nasce con l’obiettivo di bilanciare innovazione e garanzie, aprendo spazi di sviluppo in campi cruciali come sanità, giustizia, pubblica amministrazione e ricerca scientifica, senza rinunciare alla sicurezza e alla tutela dei cittadini. Resta però il nodo delle risorse: se non saranno stabili e sufficienti, c’è il rischio che il sistema normativo rimanga solo sulla carta, senza trasformarsi in reali opportunità per il Paese.

La vera sfida non sarà solo normativa, ma educativa: occorrerà formare competenze nuove, capaci di discernere e gestire le implicazioni etiche, sociali ed economiche delle tecnologie emergenti.

Con questa legge, l’Italia si candida a guidare l’Europa su un terreno decisivo per il futuro, ma sarà il tempo a dire se il primato normativo si tradurrà in una leadership reale nel governo dell’intelligenza artificiale. Ma se non fosse cosi sarebbe grave e pericoloso per tutti.