L’intelligenza artificiale non è più una tecnologia emergente: è ormai una componente strutturale delle strategie HR in molte aziende europee. Il suo impatto sul welfare aziendale sta guidando un cambiamento profondo, che coinvolge processi, strumenti e modelli di leadership, ma anche visioni culturali e aspettative dei dipendenti. Secondo il report GEBS 2025 (Great Employee Benefits Study), l’AI è oggi considerata una leva per migliorare l’efficienza e personalizzare l’offerta di benefit: circa 3 datori di lavoro su 5 ritengono che possa ridurre il tempo dedicato all’amministrazione del welfare, e il 55% afferma che favorisce una migliore elaborazione dei piani aziendali. Dallo studio del gruppo Epassi – leader europeo nelle soluzioni digitali per gli employee benefit, che con l’acquisizione dell’italiana Eudaimon nel 2023 ha ampliato il proprio osservatorio sul welfare – emergono i dati significativi di Italia e Regno Unito. Di fatto il 71% dei datori di lavoro italiani e il 70% di quelli britannici sono convinti che l’intelligenza artificiale possa supportare l’allineamento dei benefit agli obiettivi aziendali.
In uno scenario in cui la consulenza si fonde con la tecnologia, l’offerta si amplia di servizi e prodotti integrati e il benessere diventa sempre più misurabile, così Eudaimon ed Epassi, protagonisti di questa transizione strategica, si preparano a ridefinire il ruolo del welfare aziendale in Italia. L’AI consente infatti di costruire esperienze di welfare dinamiche e adattive, in cui gli algoritmi imparano progressivamente a conoscere le preferenze e i bisogni delle persone, suggerendo soluzioni sempre più pertinenti e mirate.
“Per il mondo del welfare si apre una nuova fase, che lo rende sempre più accessibile, fruibile e personalizzato. Un modello on demand in cui le persone possano trovare con facilità ciò di cui hanno bisogno, attraverso un’esperienza fluida e su misura, capace di adattarsi alle preferenze individuali. L’obiettivo non è solo semplificare, ma trasformare la tecnologia in un alleato che migliori l’esperienza e la relazione tra azienda e persone – dichiara Elisa Terraneo, marketing manager di Eudaimon – Il futuro del welfare aziendale sarà sempre più data driven, ma non potrà prescindere dalla fiducia. E quella fiducia si costruisce attraverso tecnologia, ascolto, formazione e una comunicazione capace di trasformare l’innovazione in valore umano: in altre parole, abbracciando una technology with a purpose”.
II GEBS 2025, redatto insieme a Pole Star Advisory e all’Aalto University School of Business, offre una panoramica su come manager e dipendenti dei diversi Paesi europei percepiscano l’uso dell’intelligenza artificiale nella gestione del welfare, evidenziando livelli differenti di familiarità. In Finlandia, il gap è di 13 punti percentuali (40% vs 27%), in Svezia di 22 punti (52% vs 30%). In Italia invece i manager sono più ottimisti sull’impatto positivo dell’AI sul benessere con il 65%, rispetto al 49% dei lavoratori, mentre in Germania il divario è minimo (50% vs 48%). “Le aspettative verso l’AI cambiano in base alla natura del welfare aziendale e al livello di maturità. Nei Paesi nordici, dove il welfare pubblico è ampio e la componente aziendale ha un carattere integrativo, l’adozione dell’AI viene considerata di minore impatto. In Italia, invece, sia nelle imprese che nelle persone c’è la consapevolezza che il ruolo del welfare aziendale può essere decisivo rispetto alla qualità della vita delle persone.
L’AI può quindi avere un impatto molto positivo e supportare il raggiungimento del benessere olistico che sta a cuore a tutti (come ha ribadito l’VIII Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale). Sia il gruppo Epassi, di cui facciamo parte, sia Eudaimon credono che il welfare del futuro, olistico e diffuso, sarà supportato da una piattaforma integrata e potenziata dall’AI, capace di abbracciare diversi momenti dell’employee lifecycle e di mettere al centro il benessere delle persone e delle organizzazioni. La personalizzazione, insomma, sarà la chiave per un welfare davvero evoluto e inclusivo”, dichiara Alberto Perfumo, CEO di Eudaimon.
Ancora più marcata è infine la differenza quando si parla di consulenze previdenziali personalizzate. Il 58% dei dipendenti britannici e il 52% di quelli tedeschi e italiani ritengono che l’AI possa aiutarli a utilizzare meglio i benefit per migliorare il proprio benessere. Ma nei Paesi nordici, il consenso è molto più basso: solo il 29% in Finlandia e il 32% in Svezia. In generale, i dipendenti europei mostrano più fiducia nell’efficienza dell’AI che nei suoi benefici per il benessere personale. Questo indica che, sebbene l’AI sia accettata come strumento operativo, resta ancora da costruire una narrazione condivisa sul suo impatto umano.







