Non c’è stato nessun attacco hacker, la spiegazione di Clouflare

Dopo che una parte consistente del web mondiale sembrava essere andata in tilt qualche giorno fa, Cloudflare ha diffuso nuove informazioni su quanto accaduto.

“Il problema non è stato causato, direttamente o indirettamente, da un attacco informatico o da attività dannose di alcun tipo”, scrive sul sito ufficiale Matthew Prince, amministratore delegato dell’azienda. Il blackout, spiega Prince, “è stato invece innescato da una modifica alle autorizzazioni di uno dei nostri sistemi di database”.

Pur avendo individuato rapidamente l’errore e ripristinato la piena operatività, Matthew Prince, Amministratore delegato di CloudFlare, ha assicurato che l’azienda sta già lavorando per impedire che una semplice configurazione interna possa nuovamente paralizzare porzioni così estese del web.

Secondo la ricostruzione di Cloudflare, quella modifica ha generato più voci in un file operativo, raddoppiandone le dimensioni e facendo scattare automaticamente i sistemi di sicurezza interni, che hanno finito per bloccare l’intera rete. La dinamica, improvvisa e su larga scala, ha inizialmente portato i tecnici a sospettare un attacco DDoS, ossia un tentativo di saturare i server con un’enorme quantità di richieste per renderli inutilizzabili.

Il problema ha coinvolto in particolare il sistema di gestione denominato Bot Management, utilizzato sempre più frequentemente dai clienti del gruppo statunitense. Questo strumento consente di monitorare il tipo di traffico in arrivo sui siti, distinguendo gli utenti reali dai bot automatizzati – compresi quelli legati ai sistemi di intelligenza artificiale che scandagliano la rete per ampliare i propri database.

Il ruolo del Bot Management è diventato centrale negli ultimi mesi anche a seguito dell’avvio, da parte dell’azienda, di nuove sperimentazioni orientate alla regolamentazione del traffico generato dall’AI. “A luglio, Cloudflare ha lanciato un esperimento chiamato pay per crawl”, ricorda Engadget in un approfondimento, “che permette ai proprietari di siti web di richiedere un compenso economico per la navigazione sulle loro pagine da parte di sistemi di intelligenza artificiale”.