Nel momento in cui l’Intelligenza Artificiale diventa uno strumento di appiattimento culturale, la velocità porta a sostituire il pensiero e la quantità annienta, inevitabilmente, la qualità.
È sotto gli occhi di tutti come i contenuti odierni nascano e muoiano quasi sempre alla velocità di pochi clic, ingabbiati in like e ricondivisioni. In un processo siffatto, non sono soltanto i social network il terreno fertile di un flusso costante di parole, immagini, opinioni ed echi di pensiero: l’avvento dell’Intelligenza Artificiale ha reso questo movimento ancora più rapido e superficiale.
In apparenza si direbbe che si tratti di un processo “democratico”: chiunque può scrivere, creare o pubblicare. Certo, l’aumento non genera inevitabilmente disvalore e quanto si vuole sottolineare in questo contesto non è in alcun modo né un facile vittimismo, né una sterile polemica, ma semplicemente evidenziare che la quantità crescente di contenuti non implica, di per sé, un aumento della qualità. Anzi, il rischio è cadere in un paradosso: più si produce e si commenta, meno si pensa e, ancor meno, si dice davvero.
L’Intelligenza Artificiale ha ampliato in modo straordinario l’orizzonte delle possibilità creative, ma, al contempo, ha spalancato le porte a una nuova forma di produzione levigata, impeccabile in apparenza, ma sempre più addomesticata e preconfezionata. È l’avviarsi verso una sorta di mediocrità perfetta di chi riformula, copia, genera invece di pensare; di chi confonde la facilità con l’intelligenza, la forma col pensiero.
Non è raro notare come sempre più tutto tenda a somigliarsi: i testi presentano voci già sentite, le immagini condividono gli stessi toni, le risposte appaiono intrappolate negli identici ritmi. A dominare è una grammatica dell’algoritmo che diventa, a mano a mano, il nuovo metro di giudizio.
Il rischio è che ciò che viene ritenuto funzionante, corretto e appetibile possa essere replicato all’infinito. Da qui, nasce l’assuefazione alla ripetizione, la perdita del dissenso e di quelle dissonanze imprescindibili che hanno sempre spinto un po’ più in là i confini dell’ignoranza umana. Quindi, in un certo senso, cedere alle facili azioni generative significa rinunciare a quel «grano di sale e di senape», per dirla con Primo Levi, che è fondamentale alla vita stessa.
Con questo non si vuole dire che l’Intelligenza Artificiale (così come i social network o il Web) sia un “nemico”. Tutt’altro: usata nel modo giusto, può diventare un potente alleato del pensiero, capace di migliorare strutture, suggerire connessioni e perfino mettere in luce quanto possano essere prevedibili certe conclusioni.
Dunque, quanto appare necessario è aggrapparsi a quel momento di silenzio, cioè al tempo che serve a far lievitare un’idea prima di pubblicare, postare o misurare un risultato. Insomma, essere vigili, non cedere a una coscienza passiva, saper discernere: tutto questo significa non solo usare gli strumenti della quotidianità, ma anche saperli contraddire, vuol dire prendere un suggerimento e farne un’idea nuova. In altri termini, è un processo preliminare che equivale a scegliere.
di Mario Saccomanno