Al largo della costa nord-orientale della Sardegna, nei fondali del canyon di Caprera, si cela una delle aree più ricche di biodiversità marina del Mediterraneo. Si tratta di un ambiente sottomarino complesso, caratterizzato da profondi canaloni che offrono rifugio e nutrimento a numerose specie di cetacei, tra cui delfini e balene. A rivelarlo è uno studio condotto da un team di ricercatori italiani e pubblicato sulla rivista scientifica PlosOne.
Lo studio, guidato da Luca Bittau dell’associazione Sea Me (Scientific Education and Activities in the Marine Environment), ha coinvolto anche le Università di Sassari, Trieste, Insubria e Calabria, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’associazione Delfini del Ponente Aps.
Nonostante il Mediterraneo rappresenti meno dell’1% della superficie oceanica globale, ospita fino al 18% delle specie marine conosciute, guadagnandosi il riconoscimento di hotspot mondiale di biodiversità. In questo contesto, il canyon di Caprera si distingue come uno dei luoghi più rilevanti, per ricchezza e presenza di cetacei.
Durante la ricerca, gli studiosi hanno documentato la presenza di otto diverse specie, tra cui stenelle striate (Stenella coeruleoalba), balenottere comuni (Balaenoptera physalus), tursìopi (Tursiops truncatus) e persino il raro mesoplodonte di Sowerby (Mesoplodon bidens). La varietà e la quantità di individui osservati suggeriscono che quest’area possa rappresentare un habitat chiave per la sopravvivenza dei cetacei nel bacino centro-occidentale del Tirreno.
Tuttavia, la biodiversità del Mediterraneo continua a essere sotto pressione. Tra le minacce principali figurano la pesca intensiva, il traffico marittimo, l’inquinamento acustico prodotto dai sonar, la contaminazione da microplastiche e altri impatti legati alle attività umane lungo le coste.
Per questa ragione, gli autori dello studio propongono di designare il canyon di Caprera come Important Marine Mammal Area (IMMA), uno status internazionale che riconosce l’importanza dell’area per la conservazione dei mammiferi marini. Tale riconoscimento potrebbe orientare politiche di tutela più efficaci e promuovere la ricerca scientifica per comprendere meglio la dinamica delle popolazioni di cetacei che abitano il Mediterraneo.