L’azione insufficiente contro i cambiamenti climatici rischia di portarci oltre una soglia critica: tra il 2025 e il 2029, il riscaldamento globale medio supererà i livelli preindustriali di oltre 1,5°C. È questa la previsione contenuta nel più recente aggiornamento climatico pubblicato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), organismo delle Nazioni Unite, che stima questa possibilità con una probabilità del 70%.
Il rapporto, sviluppato grazie a una collaborazione tra dieci centri climatici internazionali coordinati dal Met Office britannico, sottolinea come il pianeta sia destinato a rimanere su una traiettoria di temperature record anche dopo gli eccezionali anni 2023 e 2024, i più caldi mai registrati.
Secondo le stime, è altamente probabile che le anomalie termiche persistano: l’OMM indica che c’è l’80% di possibilità che almeno uno dei prossimi cinque anni superi il 2024 come anno più caldo, e un 86% di probabilità che in almeno un anno si tocchi o si oltrepassi la soglia di +1,5°C rispetto all’epoca preindustriale.
A preoccupare non sono solo le temperature, ma anche le implicazioni che queste avranno a livello planetario. “Abbiamo appena vissuto i dieci anni più caldi mai registrati”, osserva Ko Barrett, vicesegretaria generale dell’OMM. “Purtroppo, questo rapporto non fornisce alcun segno di tregua nei prossimi anni – aggiunge Barrett – e ciò significa che ci sarà un impatto negativo crescente sulle nostre economie, sulla nostra vita quotidiana, sui nostri ecosistemi e sul nostro pianeta”.
I numeri delineano uno scenario allarmante: nel periodo 2025-2029, la temperatura media annua globale sarà compresa tra +1,2°C e +1,9°C rispetto alla media del periodo 1850-1900, usata come riferimento preindustriale. La probabilità che la media quinquennale superi l’obiettivo limite di +1,5°C è salita notevolmente, passando dal 32% stimato nel 2023 al 70% attuale, mostrando un’accelerazione preoccupante del riscaldamento globale.
Tra le aree maggiormente esposte agli effetti di questo trend c’è l’Artico, che continua a scaldarsi molto più rapidamente rispetto alla media globale. Nei prossimi cinque inverni, si stima che le temperature da novembre a marzo nella regione artica possano essere fino a 2,4°C più alte rispetto alla media 1991-2020, ovvero un riscaldamento 3,5 volte superiore alla media planetaria.
Il cambiamento climatico non si rifletterà solo in termini di calore: secondo le proiezioni, le stagioni da maggio a settembre vedranno un aumento delle precipitazioni in alcune aree del pianeta. Piogge più abbondanti sono attese nel Nord Europa, nella regione del Sahel africano, in Alaska e nella Siberia settentrionale. All’opposto, l’Amazzonia sarà una zona sempre più soggetta a periodi secchi e prolungati, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’ecosistema tropicale più vasto al mondo.