Il ruolo straordinario degli elefanti negli ecosistemi e la crescente minaccia alla loro sopravvivenza richiedono attenzione e impegno costanti. A ricordarlo è il WWF, che sottolinea come le femmine adulte, le cosiddette matriarche, siano le vere guide dei branchi: responsabili di condurre i gruppi nella ricerca di acqua e cibo, prendere decisioni cruciali e proteggere i più giovani dai pericoli. Grande attenzione ripone il WWF su questo tema, che non a caso lo ha scelto per la Giornata Mondiale degli Elefanti 2025.
Gli elefanti non sono solo simboli di saggezza e forza, ma anche “ingegneri dell’ecosistema e giardinieri della foresta”. Gli esemplari asiatici, in particolare, svolgono un ruolo essenziale nella rigenerazione degli ambienti che attraversano: disperdono semi e nutrienti tramite gli escrementi, creano sentieri nelle foreste, modificano gli habitat e persino le loro impronte possono dare vita a piccoli ecosistemi che ospitano specie anfibie.
Ma la loro esistenza è fortemente minacciata. In Asia, la popolazione selvatica è ridotta tra gli 8 e gli 11mila esemplari distribuiti in soli otto Paesi (Cambogia, Cina, Laos, Indonesia, Malesia, Myanmar, Thailandia e Vietnam), e oggi occupa appena il 5% dell’areale storico. “La perdita e la frammentazione degli habitat, i conflitti con l’uomo e il bracconaggio hanno causato un allarmante declino della popolazione”, denuncia il WWF, segnalando che in alcuni Stati asiatici restano solo poche centinaia di elefanti in natura.
L’India, tuttavia, rappresenta un’eccezione e una speranza: ospita la più grande popolazione mondiale di elefanti asiatici – tra i 25 e i 30mila individui – pari a circa due terzi del totale globale. “Nel complesso, il mantenimento della più grande popolazione esistente di elefanti selvatici al mondo, in un contesto fortemente antropizzato come quello indiano – spiega il Wwf – è reso possibile da un solido quadro istituzionale, politico e giuridico dedicato alla conservazione”.
Situazione critica anche in Africa, dove la popolazione di elefanti è crollata da circa 12 milioni di esemplari nel secolo scorso agli attuali 415mila. Le due specie esistenti – l’elefante di savana (Loxodonta africana) e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis) – sono rispettivamente classificate come “in pericolo” e “in pericolo critico”. Ogni anno si stima che vengano uccisi circa 20mila elefanti per alimentare il traffico illegale di avorio, a cui si aggiungono le uccisioni dovute a conflitti con le comunità locali, aggravati da deforestazione, scarsità d’acqua e competizione per le risorse.
Da oltre 30 anni, il WWF è attivo in diverse aree del continente africano – tra cui Camerun, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo e Gabon – con programmi di conservazione che includono il contrasto al bracconaggio (tra cui l’iniziativa Zero Poaching), il sostegno allo sviluppo sostenibile delle comunità locali, l’educazione ambientale, l’assistenza sanitaria e il supporto scolastico.
Tra i progetti in corso, “Una foresta per gli elefanti”, sviluppato nel territorio del Tridom (Gabon, Camerun e Repubblica del Congo), prevede studi e monitoraggio con fototrappole, analisi genetiche, tagging, formazione delle guardie e rafforzamento delle risorse antibracconaggio. Centrale è anche la convivenza con le comunità locali, attraverso l’approccio SAFE (Security for people and wildlife, Assets protection, Forest and habitat conservation, Effective monitoring), che punta alla sicurezza di persone e fauna, alla protezione degli habitat e delle proprietà e a un monitoraggio efficace.
Conservare gli elefanti non significa solo proteggere una specie iconica: significa difendere interi ecosistemi, garantire equilibrio ambientale e onorare un legame profondo tra natura, cultura e memoria collettiva.