Capaci 33 anni dopo, le parole del senatore Guidi: «La memoria sia responsabilità viva e corale»

Il 23 maggio 1992 è una data incisa a fuoco nella memoria della Repubblica Italiana. Quel giorno, alle 17:58, un tratto dell’autostrada A29, all’altezza dello svincolo di Capaci, fu devastato da 500 chili di tritolo, uccidendo il giudice Giovanni Falcone, la moglie e collega magistrata Francesca Morvillo, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Fu un attentato di mafia, pianificato e compiuto da Cosa nostra per fermare chi aveva osato sfidarla con metodo, rigore e determinazione.

A 32 anni di distanza, il cratere di Capaci – fisico e simbolico – continua a essere una ferita aperta. Un luogo della memoria, ma anche un monito per l’Italia: la mafia può essere combattuta, ma solo se la legalità diventa impegno quotidiano, collettivo, intergenerazionale. È in questo solco che si inseriscono le parole del senatore Antonio Guidi (Fratelli d’Italia), intervenuto oggi in occasione dell’anniversario.

Capaci, Guidi: «La giustizia è l’ossigeno di una democrazia sana»

«Oggi, 23 maggio, è una data scolpita nella memoria della Repubblica», ha esordito Guidi. «Quel giorno del 1992 l’Italia perse Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Donne e uomini dello Stato colpiti perché simbolo di un’Italia che non si arrese alla sopraffazione mafiosa».

Guidi ha ricordato una delle frasi più potenti di Falcone, diventata oggi manifesto di resistenza democratica: «Si può vincere la mafia – diceva il magistrato – impegnando tutte le forze migliori delle istituzioni in una battaglia seria e credibile». E ha aggiunto: «È questo il compito che ci resta: dare continuità all’impegno con la forza della legalità quotidiana».

Per il senatore, la giustizia è fondamento dello Stato di diritto, senza la quale non può esserci né democrazia né vera inclusione sociale: «La giustizia è l’ossigeno di una democrazia sana. Senza giustizia non c’è Stato di diritto, né vera coesione. A distanza di 32 anni, il cratere di Capaci non si è chiuso. È diventato una ferita collettiva che ci chiede vigilanza e coerenza».

Capaci, Guidi: «Tradurre la memoria in responsabilità»

Secondo Guidi, il rischio più grande oggi è quello di ridurre la memoria della strage a un rito formale, svuotato del suo significato civile: «Dobbiamo camminare nel solco tracciato da chi ci ha preceduti, traducendo la memoria in responsabilità viva e corale». È un invito a rendere la lotta alla criminalità organizzata una missione civile quotidiana, che non riguarda solo le istituzioni ma ogni cittadino.

Un’eredità che ci interroga

La strage di Capaci ha segnato l’inizio di una stagione di sangue che culminò pochi mesi dopo, con l’assassinio del giudice Paolo Borsellino. Insieme, Falcone e Borsellino rappresentano un’eredità morale immensa. Entrambi sapevano che il contrasto alla mafia richiedeva non solo repressione, ma anche cultura, educazione e consapevolezza sociale.

Oggi, le loro parole e il loro sacrificio continuano a risuonare tra le aule dei tribunali, le scuole, le piazze. Ogni 23 maggio, l’Italia si raccoglie nel ricordo, ma come sottolineato dal senatore Guidi, «non può bastare ricordare: occorre agire, con coerenza e determinazione, perché la mafia si combatte con la trasparenza, l’efficienza, e soprattutto con la memoria che diventa azione».