Cicciolina contro Conte: “Mi avete tolto il vitalizio? Vi porto in tribunale, per amor del popolo”

Altro che luci rosse. Stavolta Ilona Staller impugna il codice civile e dichiara guerra alle istituzioni. E no, non è una trovata di marketing. L’ex parlamentare radicale, passata alla storia come Cicciolina, non accetta la decisione della Camera di confermare il taglio ai vitalizi per oltre ottocento ex deputati. E ora annuncia una causa legale contro il Collegio d’appello di Montecitorio e, soprattutto, contro Giuseppe Conte. L’accusa? Aver applaudito – con troppa enfasi – alla decapitazione definitiva di quegli assegni.

“Sono pronta a combattere”, ha detto l’ex pornostar con la stessa grinta con cui, negli anni Ottanta, sfilava in topless promettendo amore libero e disarmo mondiale. Solo che oggi l’oggetto del desiderio è il rispetto delle garanzie costituzionali. E al suo fianco c’è un legale con i fiocchi: Luca Di Carlo, avvocato e showman, che parla già di “violazione storica della legge”.

Il cuore del contendere è tutto in un principio: può lo Stato cancellare un vitalizio già maturato, frutto – dice lei – di contributi versati e di un mandato parlamentare effettivamente esercitato? Per Cicciolina, no. E per Di Carlo, neppure: “La politica ha travolto la giustizia – tuona –. Questo non è solo un abuso, è una macchia istituzionale”.

Ma la battaglia non si ferma qui. Perché la ex deputata non si limita a rivendicare il proprio assegno: rilancia. Vuole sapere che fine hanno fatto i 48 milioni di euro che erano stati accantonati per eventuali risarcimenti agli ex onorevoli. Un fondo congelato, poi scomparso dai radar. “È un giallo contabile – denuncia Di Carlo –. E noi pretendiamo risposte. Dalla Camera e dal presidente Lorenzo Fontana in persona”.

Intanto Ilona fa sapere che, se mai dovesse ottenere quei soldi, li destinerà in beneficenza. “Io amo il popolo italiano – dichiara –. E voglio donare il mio vitalizio a chi ne ha bisogno”. Una mossa che spiazza, forse calcolata, forse sincera. Ma che, in ogni caso, ribalta il tavolo. Perché il messaggio è chiaro: non lotta per sé, ma per una questione di principio. E poi, con il solito stile inconfondibile, punge: “Caro Conte, se ami davvero il popolo, rinuncia anche tu al tuo stipendio. Fai vedere chi sei”.

Nel frattempo, l’ex presidente del Consiglio resta in silenzio. Nessuna risposta ufficiale, nessun commento pubblico. Prudenza? Disinteresse? Oppure la consapevolezza che, in uno scontro tra diritto, visibilità e politica pop, ogni parola potrebbe diventare una miccia. Perché qui non si parla solo di assegni, ma di simboli: l’Italia che cambia pelle, la rottamazione degli ex potenti, la giustizia percepita come vendetta o come riscatto.

Certo, il ritorno di Cicciolina nel dibattito nazionale ha anche qualcosa di surreale. Una figura diventata iconica per altri motivi, che oggi veste i panni dell’attivista dei diritti acquisiti. Eppure, in questa commedia dai contorni sempre più grotteschi, nulla stupisce davvero. Nemmeno che un’ex star dell’hard diventi l’alfiere di una crociata contro quello che definisce “autoritarismo economico mascherato da moralismo populista”.

Per ora, il copione prevede il deposito di un ricorso legale, un possibile esposto a livello europeo, e – si sussurra – persino un’azione collettiva promossa da altri ex parlamentari. L’ennesimo capitolo di una saga tutta italiana, dove il confine tra tragedia e farsa resta sempre sfocato.

Ma forse, in fondo, è proprio per questo che la notizia ha fatto il giro delle redazioni in poche ore. Perché dentro questa storia c’è tutto: il potere, la memoria, il denaro, la politica-spettacolo. E un Paese che continua a guardarsi allo specchio, senza mai decidersi se ridere o indignarsi.