Conte scava la fossa a Schlein: “Non siamo alleati con il Pd”. Alla festa del Fatto il leader M5S smonta le intese

Giuseppe Conte

Ogni volta che il centrosinistra prova a dare l’impressione di un fronte unito, Giuseppe Conte ci mette pochi minuti a ribaltare il tavolo. È successo ancora, alla festa del Fatto Quotidiano a Roma. Sul palco, davanti a un pubblico già ostile verso Elly Schlein, il leader M5S ha infilato la frase che annulla settimane di trattative e intese precarie: «Con il Pd non siamo alleati». Stop. Fine del sogno di coalizione.

La segretaria dem aveva appena finito di incassare i fischi di una parte della platea quando l’ex premier ha deciso di completare l’opera. Con la calma glaciale che lo contraddistingue, Conte ha scodellato la sua verità: «Stiamo costruendo un progetto politico per mandare a casa Meloni. Dichiararsi pregiudizialmente alleati rischia di indebolire». Tradotto: vi serviamo per vincere, ma non contate su di noi per l’abbraccio eterno.

Per non lasciare dubbi, l’ex avvocato del popolo ha aggiunto un colpo al cerchio e uno alla botte: «Siamo una forza diversa, con una storia diversa. Non siamo la Quercia coi cespugli intorno». Un riferimento velenoso ai vecchi Ds, come a dire che il film delle maxi-coalizioni a sinistra è già visto e finisce sempre male.

Intanto la platea rumoreggiava. Applausi timidi, mugugni, contestazioni. Elly Schlein, che sul palco sembrava già fuori posto, si è ritrovata doppiamente isolata: contestata dalla base e gelata dal “compagno” che avrebbe dovuto reggerle la mano nella corsa contro la destra.

Conte, come al solito, si è travestito da progressista responsabile: «Ogni giorno lavoriamo per costruire un progetto per contrastare questa destra estremista. Gli alleati arriveranno quando convergeremo su un progetto progressista, nero su bianco». Una supercazzola perfetta: oggi no, domani forse, intanto decidiamo noi i tempi e le condizioni.

Nel frattempo, dentro il Pd c’è chi non ha digerito l’umiliazione pubblica. Pina Picierno ha alzato la voce: «Serve un chiarimento immediato con Conte». E poi la stoccata alla segreteria: «Il rinvio non serve, bisogna fare chiarezza ora». Un modo educato per dire che la leadership Schlein traballa, incapace di gestire un Movimento che gioca a nascondino mentre detta la linea.

Conte dal canto suo nega mire personali. «Non sarà mai una questione personale. Il nostro obiettivo è un progetto progressista serio». Ma le sue parole non convincono. Tutti sanno che il mirino resta puntato su Palazzo Chigi. Fingere di non voler tornare lì suona come un esercizio di stile, più che come un atto di modestia politica.

Il risultato è che il centrosinistra appare di nuovo in frantumi. Le intese per le Regionali, celebrate come un passo avanti, vengono sminate da una battuta di Conte. Il Pd resta col cerino in mano, Schlein arranca tra contestazioni e silenzi imbarazzati, i 5 Stelle si godono il ruolo di ago della bilancia senza assumersi responsabilità.

La morale, anche stavolta, è amara per il Nazareno: il “picconatore” Conte sa sempre quando colpire. E ogni volta che apre bocca, le crepe nel fragile castello delle alleanze si trasformano in voragini. Schlein appare sempre più sola, in bilico tra un partito spaccato e un alleato che, invece di stringerle la mano, le taglia le gambe.