Dal paracetamolo alla candeggina miracolosa, il presidente Usa continua la sua tournée nella medicina alternativa al buon senso
Immaginate di essere in Michigan, a un comizio politico, e sentir dire dal palco:
“Le donne incinte non dovrebbero assumere Tylenol. La FDA lo sa, ma non ve lo dice. Collega all’autismo. Lo cambieremo”.
No, non è uno sketch di Saturday Night Live. È Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America e – all’occorrenza – epidemiologo, tossicologo, pediatra e farmacovigilante.
Affermazioni gravi, se non fosse che nessuna autorità scientifica internazionale – dalla FDA americana all’OMS – ha mai confermato un nesso causale tra paracetamolo e autismo. Gli studi citati da Trump sono osservazionali, limitati e, soprattutto, interpretati fuori contesto.
Ma nel mondo trumpiano basta un “si dice” e il gioco è fatto. Boom, social impazziti, video virali e genitori terrorizzati che abbandonano la tachipirina come fosse plutonio radioattivo.
Sarà che il metodo scientifico funziona troppo lentamente per i suoi standard. Trump preferisce lo stile drive-through: un’ipotesi al microfono, una diagnosi al volo, e via verso il prossimo comizio.
Breve storia clinica: i precedenti di dottor Donald
Non è la prima volta che Trump si cimenta nell’arte della medicina dal podio. Ecco un breve prontuario delle sue migliori diagnosi:
- Vaccini e autismo (2015): “Troppi vaccini, troppo presto. E i bambini diventano autistici”. Una tesi smentita da decine di studi e centinaia di scienziati. Ma molto popolare nei gruppi Facebook.
- COVID-19: “Il 99% dei casi è innocuo”, “il virus sparirà con l’estate”, e – come dimenticare – “provate con la candeggina”. Un cocktail esplosivo di negazionismo, marketing e candeggina per tutti.
- Idrossiclorochina: promossa come elisir anti-Covid, malgrado manchino prove serie e abbondino effetti collaterali.
- FDA e CDC: bollati come complici di Big Pharma, colpevoli di “ostacolare la vera scienza”, che ovviamente coincide con le intuizioni del loro capo.
Non un caso, né i pensieri in libertà di un signore stralunato avanti con l’età. Bensì una strategia: quella di trasformare ogni dibattito medico in uno show politico, dove la scienza è solo l’antagonista noiosa del protagonista carismatico.
Il gioco del dottor Trump
Già giudice, meteorologo e, in casi estremi, anche presidente, Trump gioca a fare il medico perchè la medicina è potere. È fiducia, autorità, paura e speranza. Nella consapevolezza che controllare la narrazione sulla salute significa controllare l’umore del paese. “Andrà tutto bene” docet.
Trump così intende dominare il racconto della cura. E, nel suo racconto, il medico-scienziato viene spogliato del suo ruolo di guida, per diventare un nemico parte delle élite: freddo, tecnico e, peggio, inaffidabile.
In questo contesto, il dottor Trump, affetto da un caso di clinico di populismo sanitario acuto, giunge in camice immaginario e stetoscopio al collo a offrire diagnosi semplici per problemi complessi. Intanto la verità può attendere, sovrastata dall’applauso scrosciante.
Ma quanta salute siamo disposti a sacrificare sull’altare della politica accattaconsenso? Chiedete al vostro medico di fiducia.