Fico e Conte, tra corna, cornetti e magliette scaccia-sfortuna: il tour scaramantico alla Pignasecca diventa show politico mentre Schlein prepara il rush finale a Napoli

Giuseppe Conte

A Napoli la politica non rinuncia mai al folklore, e il folklore non rinuncia mai alla politica. Così, quando Roberto Fico e Giuseppe Conte si presentano alla Pignasecca per un giro di campagna elettorale, la scena si trasforma subito in una rappresentazione irresistibilmente partenopea. Una commerciante porge a Conte una mano di ceramica rossa col gesto delle corna; da una bancarella vicina arriva un cornetto rosso per Fico; poco più avanti, il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione si prova una maglietta con la scritta «Sciò sciò ciucciuè», un vero antidoto napoletano contro la malasorte. È il linguaggio della città, quello che unisce ironia, fede popolare e autoironia. E che oggi diventa anche rituale politico.

La tappa alla Pignasecca arriva dopo una sosta in piazza Carità. Fico passeggia tra i vicoli dove l’odore del pesce fresco si mescola con quello del caffè appena macinato. Con lui Conte e l’assessore comunale Luca Trapanese, candidato in lista per il Consiglio regionale. Qui, tra salumi appesi, frutta esposta e dita puntate, il candidato sceglie il registro più identitario possibile: «Io vivo qui, ci sono venuto diecimila volte», dice ai curiosi che lo fermano. «Napoli va ascoltata ogni giorno, non solo in campagna elettorale». Poi aggiunge che Comune e Regione debbono procedere insieme: «La programmazione funziona solo se si viaggia nella stessa direzione».

Il tema dei turisti è inevitabile: la Pignasecca vive da anni un equilibrio fragile tra residenti e visitatori. «Noi dobbiamo creare un turismo di qualità, diffuso», dice Fico, chiedendo di garantire «il diritto alla casa, soprattutto per i giovani che devono studiare». In mezzo alle sue parole e ai selfie di rito, i napoletani gli consegnano piccoli oggetti portafortuna: un gesto affettuoso, che diventa metafora. Per vincere in Campania — suggeriscono con leggerezza — serve anche un po’ di scaramanzia.

La giornata prende una piega più tesa quando spunta Giuliano Granato, candidato alla presidenza della Regione con Alternativa Popolare. Lo si vede arrivare con due sgabelli e un microfono: vuole un confronto pubblico, lì, tra le bancarelle. Il motivo lo chiarisce subito: Fico non si è presentato al dibattito Rai del giorno precedente. «Il Movimento dice di essere nato per riportare la democrazia nelle istituzioni, ma oggi Fico sfugge ai confronti», attacca Granato. «Per questo siamo venuti noi da lui. È così che intende governare questa regione?». Fico abbozza un saluto, non si ferma. Lo staff lo fa avanzare tra la folla. Lo scontro, di fatto, non avviene.

La tensione dura pochi minuti ma basta a rivelare la fragilità del duello politico in Campania. Il clima è quello della battaglia finale: oggi il centrosinistra giocherà le sue ultime carte al Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare, dove arriverà la segretaria dem Elly Schlein. Sul palco, insieme a Conte e Fico, ci saranno anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra. L’obiettivo è mobilitare chi è già convinto, ma soprattutto intercettare quel grande serbatoio di indecisi che può determinare la corsa al governatorato.

Il quartier generale del M5S spera nell’effetto “abbraccio”, nella forza dell’immagine unitaria di un campo che prova a consolidarsi. E mentre Conte si concede ai passanti davanti ai banchi di mozzarella e ai profumi di mare, Schlein appare ancora come il tassello finale di una strategia più ampia, una presenza simbolica che deve dare peso nazionale alla sfida regionale.

Sul fronte opposto, il centrodestra prepara la controffensiva per domani. Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, arriverà nel capoluogo per l’evento «La giustizia negata» all’Hotel Royal Continental. Un luogo scelto non a caso: fu lì che, il 22 novembre 1994, Silvio Berlusconi — allora presidente del Consiglio — ricevette l’invito a comparire durante la Conferenza ONU sulla criminalità organizzata. Un richiamo simbolico a una storia politica che il centrodestra utilizza per galvanizzare la base.

Intanto, nelle strade della Pignasecca, il rumore delle polemiche si mescola a quello delle cassette di frutta spostate, dei venditori che chiamano i clienti, dei curiosi che si avvicinano per uno scatto col telefonino. In questo mosaico di suoni e superstizioni, Fico cerca di ritagliarsi un ruolo da candidato vicino alla città, mentre Conte prova a ricompattare l’identità pentastellata nella sua versione campana. Lo fa con sorrisi e rituali, come se gli oggetti simbolici ricevuti dai commercianti potessero davvero cambiare la sorte politica.

E forse un po’ è così. Perché a Napoli, dove la scaramanzia fa parte del linguaggio quotidiano, anche un cornetto rosso diventa un messaggio di fiducia o un auspicio per il futuro. In questo incrocio tra folklore e politica, la campagna elettorale si trasforma in una rappresentazione teatrale che rispecchia l’anima della città: vivace, imprevedibile, sempre pronta a mischiare ironia e serietà.

La giornata finisce tra applausi e voci che si rincorrono nelle vie strette di Montesanto. Ma è chiaro che, dietro i gesti affettuosi, resta la sfida più grande: convincere gli elettori. E in Campania, più che altrove, non basteranno i portafortuna. Ci vorrà molto di più per trasformare una passeggiata tra le bancarelle in un risultato elettorale.