La fotografia che circola sui social dice molto più di un comunicato ufficiale. Mani che si stringono, avambracci nudi su cui campeggiano numeri di telefono tracciati con pennarello nero indelebile. Sono i recapiti degli avvocati, scritti sulla pelle per non rischiare di scomparire nel caos di un arresto. «Nel momento in cui vieni fermato ti portano via tutto: documenti, cellulare, effetti personali. Questi numeri resteranno con noi, nessuno potrà cancellarli», spiegano gli attivisti della Global Sumud Flotilla. È l’immagine simbolo di una notte tesa, in cui la Marina israeliana ha lanciato l’operazione di abbordaggio contro la flottiglia civile diretta a Gaza con aiuti umanitari.
Le notizie filtrano a fatica, tra connessioni interrotte e telecamere offline. Ma alcune certezze emergono. La nave Florida è stata «deliberatamente speronata», denunciano gli organizzatori. Le barche Yulara e Meteque sono state colpite dai cannoni ad acqua, costrette a subire la pressione devastante dei getti che rendono difficile anche respirare. A bordo della Meteque, riferisce El País, i militari hanno lanciato un messaggio dagli altoparlanti: «Se spegnete il motore, noi chiudiamo l’acqua». Un avvertimento che conferma la strategia israeliana: logorare l’equipaggio con la forza, costringerlo a fermarsi.
Non è solo acqua. «Abbiamo udito esplosioni in lontananza, probabilmente granate stordenti lanciate da droni», raccontano alcuni passeggeri della Yulara. Una tecnica di pressione psicologica, per confondere e intimidire. Gli attivisti parlano apertamente di «crimine di guerra» e di «atto di pirateria in acque internazionali».
Dall’altra parte, Israele diffonde la sua versione. Il ministero degli Esteri ha pubblicato un video in cui si vedono i soldati salire a bordo di una nave della Flotilla. Accanto a loro Greta Thunberg, una delle figure più note imbarcate nella missione. «Diverse imbarcazioni della flottiglia Hamas-Sumud sono state trattenute in sicurezza e i passeggeri trasferiti in porto. Greta e i suoi amici stanno bene», recita la nota.
Per gli attivisti si tratta invece di «sequestro di persona». La Flotilla navigava a circa 65 miglia dalla costa di Gaza, in piena area internazionale, e il messaggio telefonico inviato dall’esercito israeliano poco prima dell’intervento non lascia spazio a dubbi: «State entrando in una zona di guerra attiva. Bloccheremo e confischeremo le vostre imbarcazioni». La risposta registrata a bordo è stata immediata: «Non state fermando terroristi, ma una missione umanitaria. La Corte internazionale di giustizia ha proibito di ostacolare gli aiuti. La Corte penale internazionale ha emesso un mandato contro Netanyahu per l’uso della fame come arma di guerra».
Il contrasto tra le due narrazioni è netto: sicurezza da una parte, violazione del diritto dall’altra. Ma in mare aperto, dove i velieri civili si trovano a fronteggiare navi militari, la sproporzione dei mezzi è evidente. Un urto, anche accidentale, rischia di spezzare uno scafo leggero.
E mentre in mare si combatte a colpi di idranti e manovre aggressive, a terra le conseguenze si fanno sentire subito. In Italia la notizia dell’arrembaggio ha acceso la protesta. A Napoli i manifestanti hanno occupato i binari della stazione Centrale, paralizzando il traffico ferroviario per oltre un’ora. «Avevamo detto che avremmo bloccato tutto, e lo stiamo facendo. Palestina libera, giù le mani dalla Flotilla», hanno scritto i collettivi.
A Roma piazza dei Cinquecento è stata ribattezzata “piazza Gaza”. Migliaia di persone hanno cinturato l’ingresso della stazione Termini, chiusa dagli agenti: si entra solo con biglietto. La metro è stata interdetta e il traffico cittadino è andato in tilt. Il corteo ha poi puntato su Palazzo Chigi, scandendo cori contro il governo: «Hai le mani sporche di sangue», «Dimissioni subito». Presente anche l’artista Zerocalcare. La questura ha fermato l’avanzata con blindati in via del Tritone, deviando i manifestanti verso piazza San Silvestro.
Milano si è mossa poco dopo. Centinaia di persone si sono radunate in piazza della Scala e da lì hanno raggiunto la stazione di Cadorna, occupando i binari tra cori e bandiere palestinesi. «Milano lo sa da che parte stare», hanno scandito, intonando “Bella ciao”.
A Bologna piazza Maggiore si è trasformata in un accampamento, con tende montate dagli studenti e cortei partiti dalla zona universitaria. A Torino i collettivi hanno occupato Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, e in serata in mille hanno marciato fino al municipio dietro lo striscione Usb “Blocchiamo tutto”. Le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa sono state chiuse. A Genova i portuali hanno lanciato un presidio al varco Albertazzi, punto nevralgico dello scalo.
La mobilitazione culminerà venerdì 3 ottobre, con lo sciopero generale proclamato dall’Usb. «Israele viola le convenzioni internazionali e la Carta dell’Onu. Blocchiamo tutto», recita il comunicato. Il governo valuta contromisure: il ministro Matteo Salvini ha parlato di «precettazione per evitare che una minoranza irresponsabile paralizzi il Paese».
Intanto, sulle onde del Mediterraneo, la Flotilla prova a resistere. Alcune navi sono state già intercettate, altre risultano isolate o senza contatto. Ma dalla barca madre, la Mango, arriva un messaggio che fa il giro dei social: «Andiamo avanti». E quelle cifre nere sugli avambracci restano il simbolo di una notte in cui la paura di scomparire si è trasformata in atto di resistenza.