Forza Italia senza dote: i figli di Berlusconi non versano un euro al partito di Tajani, e la cassa piange

Marina Berlusconi

Il rubinetto si è chiuso. Per la prima volta dall’addio di Silvio Berlusconi, Forza Italia resta a secco del sostegno economico della sua famiglia. Nella prima metà del 2025, nessuno dei cinque figli dell’ex premier ha versato un solo euro al partito che il padre aveva fondato e che oggi è guidato, con sempre maggiore difficoltà, da Antonio Tajani. Niente da Marina, niente da Piersilvio, né da Barbara, Eleonora o Luigi. E nemmeno dalla Fininvest. Un’assenza che pesa come un macigno sulle casse azzurre, abituate fino all’anno scorso a contare su un tesoretto da almeno seicentomila euro annui, puntualmente registrato entro aprile.

Fino al 2024, la ritualità era quasi liturgica: ognuno dei figli di Silvio Berlusconi versava il massimo consentito dalla legge per il finanziamento ai partiti, ovvero centomila euro. A loro si univa lo zio Paolo, con lo stesso identico contributo, e la Fininvest stessa, per un totale che sfiorava i settecentomila euro. Quest’anno, invece, la pagina delle erogazioni volontarie appare drammaticamente bianca. Zero. E nei corridoi del partito comincia a serpeggiare più di un malumore.

Tajani non lo dice, ma lo sa bene: senza l’ossigeno finanziario garantito dai Berlusconi, la macchina del partito rischia il collasso. Nessun evento di peso, nessuna campagna degna di questo nome, zero fondi per territori e sezioni locali. L’ultimo contributo significativo, per dire, arriva da uno studio privato: 30mila euro firmati da una srl piemontese. Bruscolini rispetto a quanto servirebbe per tenere in piedi l’eredità politica di un impero costruito sul potere dell’immagine, della comunicazione e del denaro.

In casa Berlusconi, la linea è chiara: i conti con Forza Italia sono chiusi, almeno per ora. Dopo aver onorato fideiussioni per circa 90 milioni di euro, gli eredi del Cavaliere sembrano poco inclini a continuare a finanziare un progetto che, senza il carisma e la forza trainante del fondatore, appare in stallo. Nessuna ostilità dichiarata, ma nemmeno un segnale di fiducia.

Intanto, il simbolico primato del finanziamento privato più alto spetta a un’altra famiglia, e a un altro partito. Cristina Parodi, ex volto noto della tv, oggi lontana dai riflettori, ha versato in due tranche ben novantamila euro al Partito Democratico. Il primo bonifico, da ottantamila, il secondo da diecimila. Non un gesto politico, ma familiare: suo marito Giorgio Gori, ex sindaco di Bergamo ed ex manager Mediaset, è stato eletto europarlamentare proprio tra le fila del Pd. Anche in questo caso, quindi, si tratta di una “partita di giro”, con i fondi che restano in casa, anche se cambiano insegna.

Al giro di boa del primo semestre, nemmeno gli altri grandi partiti possono dirsi in gran forma. Il Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia e lo stesso Pd non hanno ricevuto alcun contributo rilevante da società o soggetti esterni. I finanziamenti privati languono e la politica si ritrova più povera e più dipendente dalla comunicazione social a costo zero che da iniziative organizzate e capillari. L’unico a tenere il punto, in questa cornice, è il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Il suo partito “Coraggio Italia” incassa diversi versamenti, ma la gran parte arriva da aziende riconducibili al suo stesso gruppo imprenditoriale.

Più variegato lo scenario della Lega. Il partito di Matteo Salvini raccoglie una serie di finanziamenti da soggetti privati e imprese, ma nessuno di questi supera i trentamila euro. In ogni caso, una goccia nel mare delle spese necessarie per affrontare le sfide del 2026.

Nel silenzio della famiglia Berlusconi, Forza Italia si ritrova a fare i conti non solo con l’identità politica, ma anche con un budget sempre più esile. E mentre Tajani continua a promettere fedeltà al sogno azzurro, la realtà racconta di un partito sempre più in affanno. E sempre più solo.