Ma cosa vogliamo dai giudici? Non sono santi, non sono eroi, anche se molti lo sono stati davvero e hanno pagato con la vita.
Non sono santi, non sono eroi ma continuiamo a pretendere da loro l’infallibilità assoluta: come se non dovessero per decreto sbagliare mai.
Non sono infallibili gli scienziati, non lo sono i preti (ma c’è un dogma cattolico del Concilio vaticano I – del 1870 – che considera infallibile il papa, ma ex cathedra ovvero solo esercitando il suo ufficio pastorale) e non lo sono i santi e nemmeno i profeti. Perché allora lo pretendiamo dai giudici?
E intanto, mentre si chiede loro di essere infallibili, si tenta in ogni modo di ridimensionarli. Dí sottometterli al potere polu. La destra al governo, lo fa apertamente da sempre. Da Berlusconi in giù obiettivo primario è quello di indebolire la magistratura, cioè le procure, con riforme che per lo più sanno dí regolamento dei conti e mai di rafforzamento e potenziamento della giustizia in termini di uomini, mezzi e risorse. Non c’è infatti, nell’attuale riforma costituzionale, alcun intervento strutturale per accorciare i tempi dei processi, per rafforzare gli organici, per introdurre tecnologie moderne, per snellire la burocrazia che paralizza la macchina giudiziaria. Nulla di tutto questo. Ma è proprio quello che dà maggiore forza e capacità organizzativa alle toghe in modo tale da ridimensionare notevolmente gli errori giudiziari che pesano drammaticamente sulla pelle degli innocenti. Perché quando un magistrato sbaglia, paga il cittadino. Altro che separazione delle carriere.
Tutti i numeri della giustizia lumaca
I numeri parlano chiaro: mancano 1.652 magistrati in Italia, pari al 15,5% dell’organico nazionale. Le Procure sono allo stremo: su 2.649 pm previsti, ne mancano 426. Nei tribunali e nelle Corti d’appello la scopertura è del 15,3%. In Calabria i posti vacanti superano il 24%. Alla Procura di Roma, con oltre 50 mila fascicoli l’anno, mancano quasi venti sostituti procuratori. E non basta: mancano cancellieri, assistenti, personale amministrativo. In molti uffici giudiziari le scrivanie restano vuote, mentre la criminalità si attrezza con tecnologie all’avanguardia.
I tempi dei processi restano epocali: oltre tre anni per un giudizio civile di primo grado, più di sette per arrivare a Cassazione. L’Europa ci guarda come fanalino di coda. Eppure il PNRR impone entro il 2026 una riduzione dei tempi del 40% nel civile e del 25% nel penale. Obiettivi oggi irrealistici, senza risorse straordinarie.
Tutte le colpe della politica
Se il centro destra di governo ha sempre tentato di ridimensionare l’autonomia della magistratura con pessime riforme, il centrosinistra che oggi protesta con forza, non può sentirsi assolto: negli anni in cui ha governato non ha avuto la forza e il coraggio di approvare una vera riforma della giustizia. Ha galleggiato, rimandato, cercato compromessi. E intanto i cittadini sono rimasti ostaggio di un sistema che non funziona, che produce ingiustizie, che lascia impuniti i potenti e, allo stesso tempo, manda in carcere cittadini onesti e innocenti. Un sistema ormai superato dai tempi. Nell’epoca dell’ IA, la giustizia deve volare! Invece cammina ancora con scarponi vecchi e ormai consumati.
La verità è chiara: così com’è la giustizia non regge. Servono qualità, forza e determinazione per chi applica la legge, ma serve anche un’assunzione di responsabilità quando i giudici sbagliano. Non è con le riforme ideologiche o con i referendum, usati come armi politiche, che si difende e dí rafforza la giustizia. È con risorse, personale, tecnologie, e con un sistema capace di garantire davvero ai cittadini il diritto di avere giustizia, non di subirla.
Se il referendum sulla riforma Nordio dovesse trasformarsi in un “pro o contro i giudici”, a perdere non sarebbero i magistrati, ma i cittadini. E quella sì, sarebbe una sconfitta per tutto il Paese.