Oltre il mito: l’Italia dell’export si regge sull’innovazione, non sul romanticismo artigianale

Ministero dell’Economia e delle Finanze

“Il mito del made in Italy romantico e artigianale resiste, ma la verità è diversa: le esportazioni italiane sono trainate da settori tecnologici avanzati, come la chimica e il farmaceutico. La manifattura ad alta tecnologia è la vera forza del nostro export. La retorica vintage non funziona più: l’Italia cresce con l’innovazione”. Così Claudio Cerasa ha recentemente sintetizzato una verità poco raccontata, ma ampiamente documentata nei dati ufficiali: l’Italia esporta molto più innovazione che nostalgia.

Quando si parla di made in Italy, il pensiero corre a borse in pelle, vino, pasta, abiti sartoriali, design e mobili. L’immaginario collettivo, anche quello mediatico, è ancora profondamente ancorato a un’Italia elegante, lenta, artigiana. Che ci sta tutto, ma si tratta comunque di un pezzo che copre solo una parte del quadro.

Secondo i dati ISTAT e SACE aggiornati al 2024, tra i principali settori che trainano l’export italiano vi sono proprio la farmaceutica, la chimica e la meccanica strumentale, tre comparti ad alto contenuto tecnologico. In particolare, la farmaceutica italiana ha registrato negli ultimi anni una crescita costante, con esportazioni che nel 2023 hanno superato i 48 miliardi di euro, collocando l’Italia tra i primi esportatori mondiali del settore.

La chimica, spesso ignorata nei resoconti popolari sul made in Italy, ha invece avuto un ruolo cruciale nella bilancia commerciale italiana: nel 2023 ha rappresentato circa il 10% del totale delle esportazioni manifatturiere. Anche la meccanica di precisione, dai macchinari industriali agli impianti automatizzati, ha superato per valore l’intero comparto moda.

Un recente rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere evidenzia come oltre un terzo delle imprese italiane manifatturiere abbia investito in innovazione tecnologica negli ultimi cinque anni. Il dato è ancor più significativo se si considera che l’Italia è oggi il secondo paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania.

Si tratta di un tessuto produttivo ad alta specializzazione, che si è saputo adattare alle esigenze della nuova economia globale, puntando su robotica, automazione, materiali avanzati e intelligenza artificiale applicata alla produzione. È l’Italia delle medie imprese familiari che hanno saputo internazionalizzarsi e aggiornarsi, pur rimanendo fuori dai radar della narrazione mediatica dominante.

Secondo il Centro Studi di Farmindustria, le aziende farmaceutiche in Italia impiegano oltre 68.000 addetti diretti, con un investimento in ricerca che supera il 7% del fatturato. I poli di eccellenza si trovano tra Lombardia, Lazio e Toscana, con realtà come Menarini, Chiesi, Angelini e numerose filiali di multinazionali che hanno scelto l’Italia come hub europeo.

Il settore chimico, con forti presenze in Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, si sta orientando verso la chimica verde e sostenibile, anticipando normative europee e spingendo sull’economia circolare. Anche in questo caso, gli investimenti in innovazione sono decisivi per mantenere competitività sui mercati internazionali.

La retorica di un’Italia tutta artigianato, botteghe e prodotti “fatti a mano” non è solo incompleta: rischia di essere fuorviante. Non si tratta di negare il valore della qualità artigianale, che resta una delle anime del Paese di cui vantarsi, ma di restituire complessità a una realtà che è molto più dinamica e industrialmente evoluta di quanto si racconti.

Come ha osservato il sociologo Aldo Bonomi: “L’Italia non è solo bellezza e lentezza, ma anche velocità e precisione. Nelle valli del Nord, nelle pianure emiliane, nei distretti tecnologici del Centro, c’è un paese che lavora e innova ogni giorno”.

Serve dunque un cambio di paradigma. Se si vuole sostenere e valorizzare davvero l’Italia nel mondo, occorre aggiornare lo storytelling. L’eccellenza italiana non è più (solo) il cappotto cucito a mano o il cacio stagionato nelle grotte, ma anche il software embedded per macchinari biomedicali, la biotecnologia industriale, i polimeri intelligenti, i principi attivi esportati in tutto il mondo.

Siamo il Paese dell’alta manifattura tecnologica, e proprio qui si gioca il futuro dell’economia nazionale. Difendere questo primato non significa rinnegare il passato, ma saperlo superare con consapevolezza.

Con il contributo di Bruno Mirante, Francesco Vilotta