Processo per il governatore del Molise Francesco Roberti, accuse di corruzione e opposizioni all’attacco

il governatore del Molise Francesco Roberti

Cinquantamila euro circa di stipendi riconosciuti alla moglie. Poco meno di ottocentomila euro di lavori affidati a un’azienda riconducibile a un imprenditore amico. È attorno a queste cifre che ruota la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Direzione distrettuale antimafia di Campobasso nei confronti di Francesco Roberti, governatore del Molise ed esponente di punta del centrodestra regionale. L’accusa è pesante: corruzione. Un’ipotesi che, se accolta dal giudice, aprirebbe un processo destinato a scuotere in profondità la politica locale e non solo.

Secondo quanto ricostruito dalla procura, Roberti avrebbe agito «nella sua triplice veste di sindaco di Termoli, di presidente della Provincia di Campobasso e di membro del Cosib», il Consorzio per lo sviluppo industriale della Valle del Biferno, utilizzando le proprie funzioni pubbliche per favorire una società operante nel settore dei rifiuti, la Energia Pulita. In cambio, sempre secondo l’accusa, avrebbe ricevuto «denaro e altre utilità per sé, per la moglie Elvira Gasbarro e per altri soggetti».

La richiesta di processo è firmata dal procuratore capo Nicola D’Angelo e dalla pm Anna Rita Carollo e si inserisce in una maxi inchiesta che coinvolge complessivamente 47 persone, indagate a vario titolo per traffici illeciti di rifiuti e presunte infiltrazioni mafiose nel tessuto economico molisano. A Roberti, va precisato, non viene contestata l’associazione mafiosa, ma la sua posizione è ritenuta centrale in uno dei filoni dell’indagine, quello che riguarda i rapporti tra politica, amministrazione pubblica e imprese attive in un settore storicamente esposto a opacità e interessi criminali.

Nel dettaglio, gli inquirenti sostengono che il governatore avrebbe favorito Energia Pulita attraverso una serie di atti amministrativi e scelte operative, ricevendo in cambio l’assunzione della moglie Elvira Gasbarro, che avrebbe percepito complessivamente circa 50 mila euro in stipendi. Non solo. Sempre secondo la procura, Roberti avrebbe ottenuto anche il conferimento di un incarico allo studio di progettazione Sit srl, società di cui egli stesso era socio, e avrebbe influenzato la stipula di un contratto con una società edile «espressamente indicata e suggerita», in sostituzione di un’altra impresa inizialmente individuata. Un giro di affidamenti che, complessivamente, ammonterebbe a circa 800 mila euro.

Elementi che, per l’accusa, delineano un quadro di scambio corruttivo tra funzione pubblica e interessi privati. Una ricostruzione che Roberti ha sempre respinto, rivendicando la correttezza delle proprie condotte e sostenendo che ogni atto sia stato compiuto nel rispetto delle regole e delle procedure. Tuttavia, le memorie difensive depositate non hanno convinto la procura, che ha deciso di andare avanti chiedendo formalmente il processo.

L’udienza preliminare è fissata per il prossimo 22 gennaio. In quella sede il giudice sarà chiamato a valutare se le accuse siano sufficienti per sostenere un dibattimento. Nel frattempo, il caso è già esploso sul piano politico. Le opposizioni regionali e nazionali chiedono a gran voce le dimissioni del governatore, ritenendo incompatibile la permanenza alla guida della Regione con un’accusa così grave. Dal centrosinistra si parla apertamente di «questione morale» e di un danno d’immagine per l’intero Molise.

Sul fronte opposto, il centrodestra fa quadrato attorno a Roberti. Diversi esponenti politici, a partire dai parlamentari eletti in Molise, difendono il governatore invocando il principio di presunzione di innocenza e parlando di «processo mediatico» anticipato. Tra i più attivi nel sostegno a Roberti viene citato anche Claudio Lotito, senatore e figura di riferimento del centrodestra regionale, che invita ad attendere l’esito delle valutazioni giudiziarie prima di trarre conclusioni politiche.

La vicenda, però, va oltre il destino personale del governatore. La maxi inchiesta della Dda di Campobasso accende nuovamente i riflettori su un settore, quello dei rifiuti, che in Molise come in altre regioni rappresenta un crocevia delicatissimo tra affari, pubblica amministrazione e criminalità. Ed è proprio questo intreccio che rende il caso Roberti particolarmente sensibile: non solo per le cifre e i ruoli coinvolti, ma per il contesto più ampio in cui si colloca.

Ora la parola passa al giudice dell’udienza preliminare. Dal suo verdetto dipenderà non solo l’apertura o meno di un processo, ma anche il futuro politico di Francesco Roberti e l’equilibrio di una Regione che si ritrova, ancora una volta, al centro di un’inchiesta giudiziaria destinata a far discutere a lungo.