Non è un sondaggio, ma una radiografia del potere. Le dichiarazioni patrimoniali dei parlamentari pubblicate sui siti di Camera e Senato raccontano, meglio di qualsiasi indice economico, le disuguaglianze che attraversano la politica italiana. I dati, aggiornati ai redditi 2024, mostrano un Parlamento che si muove tra alti vertiginosi e sobrietà apparente, dove chi guadagna milioni convive con chi si ferma poco sopra i 90mila euro.
A primeggiare, per incremento percentuale, è Maurizio Lupi. Il leader di Noi Moderati ha praticamente raddoppiato i propri introiti: da 124.864 euro nel 2023 a 224.683 euro nel 2024. Un balzo di quasi 100mila euro, che lo proietta tra i parlamentari più “in crescita” dell’anno. Un segnale di stabilità per la sua formazione centrista, che si muove in equilibrio tra gli alleati del centrodestra.
Aumenti anche per Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli Esteri e volto storico di Forza Italia. Per il periodo d’imposta 2024 dichiara 187.673 euro, circa 30mila in più rispetto ai 156.085 del 2023. Una crescita contenuta ma significativa, in linea con l’immagine di continuità e rigore che il ministro rivendica nel suo ruolo diplomatico.
In controtendenza, invece, la premier Giorgia Meloni. I suoi guadagni annuali si sono dimezzati, passando da circa mezzo milione a poco più di 250mila euro, complice l’acquisto della casa di proprietà. Una scelta familiare più che politica, ma sufficiente a far scendere la leader di Fratelli d’Italia nella classifica dei redditi. Un gesto che, nel linguaggio simbolico del potere, vale come dichiarazione d’intenti: “vivere come la gente comune”, senza rinunciare alla solidità economica.
Al vertice assoluto della classifica resta Giulia Bongiorno, avvocata di fama e presidente della Commissione Giustizia del Senato, che dichiara oltre 3 milioni di euro. Lontanissima, ma stabile nella sua posizione, l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che supera i 2 milioni. Entrambi rappresentano la fascia alta del Parlamento, quella dei professionisti con carriere extramurarie di grande peso.
Tra i ministri con incarico parlamentare spiccano anche Carlo Nordio, guardasigilli, con 260mila euro, e Adolfo Urso, ministro delle Imprese, che dichiara circa 126mila. Più indietro Luca Ciriani, responsabile dei Rapporti con il Parlamento, con 100mila euro, e Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, che resta sotto la soglia a 99mila euro.
I ministri tecnici confermano redditi più contenuti ma comunque solidi: Alessandra Locatelli dichiara 100mila euro, Orazio Schillaci poco sopra i 102mila, e Matteo Piantedosi circa 96mila.
Sul fronte dell’opposizione, invece, prevale la stabilità. Elly Schlein dichiara 98.471 euro, la stessa cifra del 2023, interamente derivante dal suo incarico parlamentare. Angelo Bonelli (Europa Verde) è a quota 101.811 euro, Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) a 93.306, e Carlo Calenda, leader di Azione, a 121.799, di cui 22.586 provenienti da redditi extra-politici.
Una fotografia che, più delle cifre, racconta la distanza tra i palazzi e la vita reale. Mentre il reddito medio di un lavoratore italiano nel 2024 si aggira intorno ai 23mila euro annui, gran parte dei parlamentari guadagna quattro o cinque volte tanto. Non mancano le eccezioni, ma la forbice resta ampia e strutturale, segno di un ceto politico sempre più distante dai redditi dei cittadini che rappresenta.
C’è anche un altro aspetto: la trasparenza. Pubblicare le proprie dichiarazioni online è un obbligo di legge, ma negli ultimi anni è diventato anche un esercizio di immagine. Le cifre, spesso fredde, diventano un messaggio politico, una dimostrazione di sobrietà o di successo, a seconda del pubblico di riferimento.
Così, mentre Bongiorno e Tremonti restano simboli di solidità professionale, e Lupi e Tajani mostrano un’economia personale in crescita, Meloni punta sulla misura e sull’autenticità. L’opposizione, invece, preferisce la linea dell’equilibrio, mantenendo redditi “coerenti” con il proprio profilo politico.
Ma in un Paese dove la ricchezza è sempre più concentrata, anche le cifre ufficiali diventano una forma di storytelling. Dietro ogni dichiarazione patrimoniale c’è una narrazione politica: quella di chi sale, chi scende, e chi prova a mostrarsi vicino al cittadino comune.







