“È iniziata l’età dell’oro”, ha dichiarato Donald Trump durante un comizio celebrativo dei suoi primi 100 giorni alla Casa Bianca. Ma i dati economici raccontano un’altra storia. Intanto il presidente è costretto a registrare un crollo nei sondaggi, mentre gli indicatori macroeconomici mostrano i primi segnali concreti di rallentamento per l’economia statunitense. L’età dell’oro prima di cominciare è già finita.
Pil in calo, occupazione a rischio
Contrazione dello 0,3% del Prodotto interno lordo reale nel primo trimestre del 2025. Per gli Stati Uniti un dato modesto, ma significativo, perché interrompe una fragile ripresa durata due anni, durata la presidenza dell’odiato Biden.
E la situazione non cambia sul fronte del lavoro, dove le prospettive non sono più rosee: secondo stime e modelli previsionali, la disoccupazione potrebbe salire più del previsto, aggravando il quadro economico.
La confusione sui dazi crea instabilità globale
Dove Trump da il peggio di sé è la gestione, confusa e disordinata della politica commerciale. Tra annunci di nuovi dazi, sospensioni improvvise e minacce rilanciate, il presidente ha generato un clima di incertezza che ha colpito duramente le catene logistiche internazionali. In particolare, la tensione con la Cina — tra scontri verbali e tentativi di disgelo — ha destabilizzato mercati e forniture. Il risultato è stato un brusco stop agli investimenti e una corsa all’accumulo di scorte da parte delle imprese americane.
Europa in surplus, ma senza entusiasmo
Decisamente in controtendenza va l’Eurozona che ha fatto registrare un deciso surplus commerciale: parliamo di oltre 24 miliardi di euro a febbraio, quando nel mese di gennaio il surplus era di appena 1 miliardo. Anche l’intera Unione europea ha visto il suo avanzo crescere da 800 milioni a 24 miliardi. Ma non si tratta di una ripresa solida. Va infatti detto che il surplus deriva soprattutto da una debole domanda interna, che lascia purtroppo presagire una stagnazione a breve termine.
La minaccia di una recessione sincronizzata
Trump ha messo in atto unagestione ondivaga e propagandistica dei dazi che ha prodotto squilibri gravissimi sui mercati globali, che hanno invece bisogno di certezze e stabilità. L’“età dell’oro” annunciata da Trump si sta tramutando in una recessione a doppia velocità: l’America frena per eccesso di scorte, l’Europa per carenza di consumi. In un contesto così incerto, la stabilità economica non può dipendere dalle esternazioni di un presidente sempre in campagna elettorale, aggressivo, contraddittorio e quasi totalmente in confusione.
Per ora, il calo del Pil è un campanello d’allarme. Ma i prossimi dati potrebbero trasformarlo in un vero segnale di crisi. E da qui si potrebbe arrivare a breve ad una situazione mondiale in piena confusione, se non addirittura nel caos.