Urbano Cairo ha imparato una lezione dal suo maestro spirituale e imprenditoriale, Silvio Berlusconi: in Italia, prima o poi, se fai l’editore di successo qualcuno ti chiede quando scenderai in politica. È una legge non scritta, come la carbonara senza panna e il Milan senza Berlusconi. Da giorni gira voce che il patron del Corriere della Sera, di La7 e del Torino abbia commissionato un sondaggio a Swg per testare il suo appeal elettorale. Il Fatto Quotidiano lo scrive, lo mette in pagina con un gusto da spy story e con domande che sembrano il trailer di una campagna elettorale: “Siete interessati a un nuovo partito serio, con volti nuovi, attento al ceto medio impoverito e alle fasce deboli?”, “Ritenete che Urbano Cairo sia adatto a guidarlo?”, e poi il gran finale: “Su una scala da 0 a 100, con che probabilità lo votereste?”.
Cairo legge, sorride, e smentisce: «È un’informazione sbagliata, io non ho commissionato nulla e non sono a conoscenza di sondaggi». Parole secche, pronunciate con l’aria di chi si gode un raro momento di pace: La7 finalmente non perde soldi. Centomila euro di utile, dopo dieci anni di rosso profondo da cento milioni l’anno. “Un miliardo risparmiato in dieci anni”, gongola lui, in un albergo milanese, con Carmelo Caruso del Foglio che lo tallona tra i palinsesti e i cappuccini tiepidi. Il Faraone – come lo ha ribattezzato Caruso – si gode il trionfo della parsimonia: dai blocchetti di appunti controllati ai giornalisti alle note spese passate al setaccio, ogni euro strappato agli sprechi sembra il mattone di un impero.
Ma la politica è una tentazione che bussa quando meno te l’aspetti. Forse Cairo non ci pensa, forse sì. Perché intanto il salotto degli editori italiani sembra una sala d’attesa di Montecitorio. Pier Silvio Berlusconi osserva il vento dei sondaggi, si fa accarezzare dall’idea di seguire le orme del padre, mentre Marina – per ora – resta immune al richiamo della politica. E Cairo, tra un palinsesto e una riunione di bilancio, sembra chiedersi se il destino non stia bussando anche alla sua porta. Tanto che chiude un’intervista con una domanda sospesa come un brindisi: «Ma secondo voi Pier Silvio si candida?».
Il parallelo con Berlusconi è inevitabile: Silvio scese in campo a 57 anni, Cairo ne ha 68. Più maturo, più prudente, meno incline ai bagni di folla. Eppure, il percorso sembra scritto in controluce: un imprenditore che salva aziende, conquista giornali e televisioni, e poi si affaccia al mondo dei sondaggi, veri o presunti. Del resto, quando la voce corre, non si ferma più. Tanto che i cronisti del Fatto non mollano la presa: se non l’ha commissionato lui, chi lo ha fatto? Qualcuno che gli vuole molto bene, suggeriscono con malizia.
C’è qualcosa di irresistibile in questo corteggiamento tra imprenditoria e politica. Perché Cairo, uomo di centro da sempre – prima Zaccagnini e la Dc, poi Pannella e i Radicali, infine un occhio di riguardo per Renzi e Calenda – incarna quel profilo di “terzo polo” eterno incompiuto che in Italia affascina sempre. Né destra né sinistra, ma un centro che promette di essere serio, rassicurante e pronto a dare voce al ceto medio trascurato. Insomma, il sogno di ogni sondaggista.
Intanto, la vita quotidiana dell’editore resta sospesa tra realtà e suggestione. Da un lato c’è l’uomo che celebra l’utile microscopico come un trofeo di Champions, dall’altro il personaggio pubblico che deve fare i conti con il gossip politico. Sembra quasi di vederlo, in un ufficio del Corriere, che osserva la sala riunioni e si chiede come suonerebbe: “Palazzo Chigi, sala stampa, presidente Cairo”. Poi scuote la testa, torna ai conti e si ricorda che un sondaggio, per quanto smentito, ha il potere di far nascere un racconto.
E il racconto ormai è partito. Forse Cairo resterà un imprenditore con la passione per la parsimonia e il calcio. O forse, un giorno, risponderà al telefono un elettore qualunque e dirà: “Sì, lo voterei”. In quel momento, il sorriso ironico del Faraone si trasformerà in una mezza ammissione: alla fine, in Italia, nessun editore resiste per sempre alla tentazione di scendere in campo.