“L’impegno continua”. Due parole, un volto e un messaggio inequivocabile. Luca Zaia, governatore uscente del Veneto, campeggia in questi giorni su maxi manifesti 6×3 piazzati in tutte le province. Nessun riferimento diretto al suo nome, nessun simbolo di partito in evidenza: bastano il primo piano sorridente e lo slogan già utilizzato nella campagna elettorale del 2020. Sotto, appena percettibile, le date delle elezioni regionali del 23 e 24 novembre.
Una campagna che non ha bisogno di spiegazioni. In un Veneto dove il “brand Zaia” continua a godere di una popolarità altissima, l’operazione appare come un preludio a una candidatura in prima linea, seppur con i limiti imposti dalla legge che gli impediscono un nuovo mandato da presidente. Per questo la formula che prende forma è quella della candidatura da capolista della Lega, con un ruolo trainante nella lista e con un effetto moltiplicatore sul consenso del partito.
Il diretto interessato non conferma né smentisce. Il suo staff si limita a parlare di “omaggio della Lega a quindici anni di ottima amministrazione”, lui stesso minimizza dicendo che “non c’è nulla di deciso”. Ma gli indizi si sommano e la regia politica appare chiara. I maxi manifesti non sono solo un tributo, ma il segnale che la macchina elettorale è partita.
Ad avvalorare l’ipotesi è lo stesso Matteo Salvini. “Zaia sarà sicuramente in campo per il Veneto e per i veneti come fa da tanti anni, se non ci sarà una lista Zaia, ne stiamo parlando con gli alleati, sicuramente sarà capolista della Lega”, ha detto il leader del Carroccio. Una dichiarazione che non lascia spazio a troppe interpretazioni e che conferma la volontà di blindare il consenso veneto con il volto più popolare del partito.
La mossa ha anche un significato tattico: mettere pressione sugli alleati di coalizione, a partire da Fratelli d’Italia e Forza Italia, in attesa di un vertice tra Meloni, Salvini, Tajani e Lupi che dovrà sciogliere il nodo dei candidati unitari non solo per il Veneto, ma anche per Puglia e Campania. In questo gioco a scacchi, Zaia resta la carta più forte che la Lega può giocare nella sua regione simbolo.
Dietro i manifesti c’è anche un progetto politico più ampio. Da tempo il governatore coltiva l’idea di un modello “tedesco” per la Lega: due partiti alleati, uno nazionale e uno regionale, come CDU e CSU in Germania. Un’ipotesi che si intreccia con le sue mosse e che gli consente di tenere insieme la fedeltà al Carroccio e l’autonomia di un movimento radicato sul territorio.
Nel frattempo, i riflettori restano puntati sulla battaglia interna al centrodestra. Il pressing della Lega veneta va nella direzione di indicare Alberto Stefani, vicesegretario del partito, come candidato presidente. Ma intanto Zaia rimane il punto di riferimento simbolico. La sua figura è quella che tiene compatto l’elettorato e che, con il semplice apparire sui poster, dà il senso di continuità a un’amministrazione durata quindici anni.
La posta in gioco non è soltanto regionale. Per Salvini, blindare il Veneto significa garantire alla Lega un serbatoio di consenso fondamentale in un momento in cui il partito fatica in altre aree del Paese. Per Meloni, invece, il braccio di ferro riguarda l’equilibrio nazionale: se al Carroccio restasse il Veneto, a Fratelli d’Italia spetterebbero altre regioni chiave.
Intanto, i cittadini osservano. C’è chi interpreta i manifesti come l’ennesima prova della forza personale di Zaia, capace di andare oltre simboli e partiti. Altri leggono la mossa come un modo per congelare il dibattito e tenere sotto scacco gli alleati. In ogni caso, il messaggio è arrivato chiaro: la campagna elettorale è cominciata, e il volto che guida la carica è ancora quello di Luca Zaia.
Il governatore uscente, con la consueta prudenza, continua a non sbilanciarsi. Ma la sua presenza costante nello spazio pubblico, il richiamo diretto agli slogan del passato e le dichiarazioni del leader della Lega tracciano un quadro preciso. Se non ci sarà una lista autonoma, Zaia guiderà comunque la corsa come capolista della Lega.
Le regionali del 23 e 24 novembre si annunciano così come un banco di prova cruciale non solo per il futuro del Veneto, ma per i delicati equilibri di tutto il centrodestra. E nel mosaico di candidature, tattiche e alleanze, il volto che campeggia sui manifesti resta il segnale più forte: Zaia c’è, con o senza conferme ufficiali.