Afghanistan, terremoto da incubo: oltre 1.400 morti. Aiuti in ritardo e villaggi ancora isolati

L’Afghanistan orientale lotta contro il tempo e contro le frane per trovare gli ultimi sopravvissuti del devastante terremoto di magnitudo 6.0 che ha colpito le province di Kunar, Laghman e Nangarhar, al confine con il Pakistan, poco dopo la mezzanotte di domenica.

Il bilancio delle vittime è già drammatico: 1.469 morti, oltre 3.500 feriti e quasi 7.000 abitazioni distrutte. Ma secondo le autorità talebane, i numeri sono destinati a salire. L’accesso ai villaggi più remoti è ostacolato da smottamenti, strade interrotte e piogge persistenti, mentre molti sopravvissuti sono ancora sotto le macerie.

«Le operazioni di soccorso sono proseguite fino a tarda notte. Temiamo che sia solo l’inizio di un bilancio più tragico», dichiara Hamdullah Fitrat, vice portavoce del governo.

L’allarme dell’OMS e la scarsità di aiuti

L’Organizzazione Mondiale della Sanità lancia l’allarme: «Le probabilità di trovare superstiti vivi si riducono di ora in ora. Le condizioni igienico-sanitarie sono critiche e c’è rischio di epidemie». L’ONU ha stanziato 5 milioni di dollari, l’OMS chiede altri 4 milioni per rispondere a quelle che definisce «necessità immense». Ma l’assistenza internazionale è in ritardo, anche a causa dei tagli agli aiuti umanitari subiti dall’Afghanistan negli ultimi anni. «Alcuni villaggi non hanno ancora ricevuto alcun soccorso», denuncia Ijaz Ulhaq Yaad, funzionario del distretto di Nourgal (provincia di Kunar).

Afghanistan, con il terremoto i rifugiati espulsi sono doppiamente colpiti

A rendere ancora più drammatica la crisi, la contemporanea espulsione di migliaia di afghani da Pakistan e Iran, anche di rifugiati regolarmente registrati presso l’ONU. Secondo l’OMS, 270.000 persone rientrate di recente in Afghanistan si trovano nelle aree colpite dal sisma. «Faccio appello al governo del Pakistan affinché sospenda l’attuazione del Piano per il rimpatrio degli immigrati clandestini», scrive su X Filippo Grandi, Alto Commissario dell’UNHCR.

L’ultima scossa di una crisi senza fine

Il Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC) ha definito il sisma «un duro monito» alla comunità internazionale: «L’Afghanistan non può essere lasciato solo», ha dichiarato l’organizzazione, esortando i donatori globali a mobilitarsi. Nel villaggio di Dara-i-Nur, in Nangarhar, la paura è ancora viva. «Dormiamo nei campi, non abbiamo più nulla, le case sono troppo pericolanti», racconta Awrangzeeb Nouri, 35 anni. Il sisma è stato seguito da sei forti scosse di assestamento e si inserisce in una lunga storia sismica: dal 1900, l’Afghanistan nord-orientale ha registrato 12 terremoti di magnitudo superiore a 7, secondo il sismologo Brian Baptie del British Geological Survey.