Dopo la tragedia di Castel D’Azzano, dove tre carabinieri hanno perso la vita in un’esplosione provocata dagli occupanti di un casolare, si riaccendono i riflettori sulle condizioni critiche dell’Arma dei Carabinieri. Sindacati e associazioni militari denunciano una situazione ormai “insostenibile”: pochi mezzi, carenza di formazione e un organico ridotto di almeno 15mila uomini, in un momento in cui “crescono le aggressioni e gli atti di violenza contro le forze dell’ordine”.
La denuncia del sindacato
“Chi opera per la sicurezza del Paese lo fa spesso senza un’adeguata formazione e senza i mezzi necessari, mettendo a rischio ogni giorno la propria incolumità”, denuncia Francesco Gentile, segretario generale dell’Associazione Sindacale Professionisti Militari (Aspmi).
Gentile sottolinea come, a fronte di un aumento dei compiti e delle responsabilità, non vi siano stati investimenti proporzionati nella preparazione e nella sicurezza degli operatori. “Gli operatori della sicurezza devono potersi tutelare anche per la propria vita – spiega –. Non entriamo nel merito della tragedia di Castel D’Azzano, ma è chiaro che il problema è strutturale”.
Vincenzo Romeo: “Castel D’Azzano non è un caso isolato”
Parole dure anche da Vincenzo Romeo, segretario generale di Pianeta Sindacale Carabinieri, che invita la politica a trasformare la solidarietà in azione concreta: Romeo chiede “atti, non parole” ai rappresentanti istituzionali: “Chi oggi esprime vicinanza, domani dimostri con i fatti il proprio sostegno. Servono provvedimenti che aspettiamo da anni.”
La ferita del blocco del turn over
Secondo i sindacati, la crisi di organico deriva anche dal blocco delle assunzioni introdotto dal governo Monti, che ha ridotto le possibilità di ricambio generazionale e appesantito il carico di lavoro sulle pattuglie operative.
“Mancano almeno 15mila carabinieri – spiega Romeo – che diventano 18mila se si contano quelli ancora nelle scuole di formazione. Questo significa meno prevenzione, meno presenza sul territorio e più rischi per chi è in servizio.”
Il segretario denuncia inoltre una recrudescenza della violenza ai danni degli operatori, aggravata da carichi di lavoro eccessivi e turni sempre più lunghi: “Anche se vengono approvate nuove leggi contro la criminalità, sono sempre i militari a doverle far rispettare, spesso senza risorse adeguate.”
L’appello: “Servono investimenti strutturali, non emergenziali”
Le sigle sindacali chiedono ora al governo un piano straordinario di assunzioni, maggiore formazione tecnica e psicologica per chi opera in prima linea, e l’ammodernamento dei mezzi. L’obiettivo, spiegano, non è solo garantire la sicurezza dei cittadini, ma anche tutelare chi ogni giorno rischia la vita per difenderla. “Non chiediamo privilegi – conclude Gentile – ma il minimo indispensabile per fare il nostro lavoro in sicurezza. Perché dietro ogni divisa c’è una persona, un padre, una madre, un figlio. E troppo spesso, un sacrificio silenzioso.”