Da fatica a innovazione: l’agricoltura parla il linguaggio della tecnologia

Campo di soia

Un tempo considerata un’attività per chi aveva poca istruzione, oggi l’agricoltura richiede competenze da ingegneri, informatici e biotecnologi. Mentre i lavori d’ufficio rischiano di essere travolti dall’automazione, proprio il mestiere più antico del mondo — quello di chi lavora la terra — sta vivendo una rivoluzione silenziosa e tecnologica.

Altro che zappa e sudore: l’agricoltura del XXI secolo è uno dei settori più trasformati dalla tecnologia. Droni che sorvolano i campi, trattori con guida autonoma, sensori che monitorano umidità e nutrienti, algoritmi di intelligenza artificiale che analizzano dati per decidere quando e come intervenire. Un mondo che richiede preparazione tecnica, formazione continua e capacità di interpretare dati complessi.

Non è fantascienza né un’esclusiva delle grandi multinazionali americane. Anche in Italia, l’agricoltura sta cambiando volto. Oggi vale circa 35 miliardi di euro, pari al 2,2% del PIL, ma ha perso terreno rispetto alla Francia, a causa dell’aumento dei costi, delle gravi siccità del 2022 e 2023, dei tagli pubblici e delle nuove norme UE su emissioni e pesticidi.

Per rilanciare il settore, è nato il Centro Nazionale per le Tecnologie Agricole (Agritech), finanziato con 477 milioni di euro. Coordinato dall’Università Federico II di Napoli, coinvolge 51 partner tra cui Nestlé, Bonifiche Ferraresi e numerosi enti di ricerca. I filoni di studio sono molteplici: dai pomodori resistenti alla siccità ottenuti con il gene editing, alla riduzione delle emissioni negli allevamenti, fino all’agricoltura di precisione basata su droni e intelligenza artificiale.

Ma il vero banco di prova sarà portare queste innovazioni anche nelle piccole aziende agricole, in particolare nel Sud Italia, dove il divario tecnologico è più forte. Per questo sono in campo progetti come l’Agritech Academy (che forma 40 consulenti all’anno), il centro Farming Future (con 20 prototipi e 18 startup già avviate), e nuove collaborazioni tra università e aziende agricole per sperimentare direttamente sul campo.

L’obiettivo è chiaro: rendere l’agricoltura italiana più sostenibile, competitiva e pronta per affrontare il futuro. Perché oggi, per fare l’agricoltore, servono almeno tanta testa quanta terra.

L’agricoltura italiana rappresenta circa il 2,2% del PIL nazionale, con un valore aggiunto di circa 35 miliardi di euro. Nonostante le sfide recenti, come l’aumento dei costi di produzione e le condizioni climatiche avverse, il settore continua a essere un pilastro fondamentale dell’economia, soprattutto per l’export agroalimentare.

Il Nord Italia, in particolare regioni come Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, guida le esportazioni agroalimentari, grazie a una forte industrializzazione e a un’efficiente rete logistica. Il Sud Italia, pur avendo un potenziale significativo, affronta sfide legate a infrastrutture meno sviluppate e a una minore capacità di trasformazione dei prodotti agricoli, limitando così le esportazioni.

Secondo l’ISMEA, nel 2023 le aziende agricole condotte da giovani under 35 rappresentano il 7,5% del totale, pari a circa 52.700 imprese. Nonostante la percentuale relativamente bassa, queste aziende contribuiscono al 15% del valore economico del settore, evidenziando una maggiore efficienza e propensione all’innovazione rispetto alla media.

Le imprese agricole giovanili tendono a essere più grandi (18,3 ettari di SAU contro i 9,9 delle aziende guidate da “non giovani”) e mostrano un livello di digitalizzazione più che doppio rispetto a quello dei colleghi più anziani (33,6% vs 14%). Inoltre, la propensione a effettuare investimenti innovativi è oltre tre volte maggiore (24,4% vs 9,7%).

Per favorire l’ingresso dei giovani nel settore agricolo, sono stati attivati diversi programmi di sostegno. Tra questi, il programma “Generazione Terra” copre il 100% del prezzo di acquisto di terreni da parte di giovani fino a 35 o 41 anni, a seconda dei casi, con finanziamenti che arrivano fino a 1,5 milioni di euro per giovani imprenditori agricoli con esperienza.

Inoltre, il Piano Strategico Nazionale della PAC 2023-27 prevede un sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori, cui è destinato il 2% dei pagamenti diretti, pari a circa 352 milioni di euro per l’intero periodo. Un ulteriore intervento di sviluppo rurale per l’insediamento dei giovani nelle imprese agricole prevede una spesa pubblica programmata nel quinquennio di circa 680 milioni di euro.

In conclusione, l’agricoltura italiana sta vivendo una trasformazione significativa, con l’adozione di tecnologie avanzate e un crescente coinvolgimento dei giovani. Questi cambiamenti sono essenziali per garantire la sostenibilità e la competitività del settore nel futuro.