Nel cuore dell’Europa, dove le cattedrali testimoniano ancora la fede di un tempo e dove il Dio del cristianesimo si proclama Dio di pace, infuriano le guerre. Il conflitto tra Russia e Ucraina non è solo una contesa geopolitica: è una lacerazione interna al mondo ortodosso, un tradimento silenzioso dell’eredità evangelica. Ma non è l’unico scenario di fuoco: dal Medio Oriente alla regione del Sahel, il mondo si frammenta, mentre l’Occidente arranca, incapace di parlare un linguaggio comune, figlio di mille contraddizioni.
In Italia, il dato fa riflettere: oltre 300 femminicidi in tre anni. In Francia, le rivolte delle banlieue esplodono ogni estate come un incendio sotto la pelle. In Germania, la crescita della destra estrema si nutre della frustrazione sociale. Le nuove generazioni sembrano perse in un deserto digitale e identitario, con tassi di disagio mentale in crescita esponenziale. Uno studio dell’OMS del 2024 segnala un aumento del 35% nei disturbi depressivi tra gli under 30 in Europa.
L’Occidente, oggi, è una società violenta, stanca, indebitata. Gli Stati Uniti sfiorano i 35.000 miliardi di debito pubblico. L’Italia è a oltre il 140% del PIL, mentre la Germania, un tempo locomotiva d’Europa, si avvita in una stagnazione cronica. Il Vecchio Continente è anche, letteralmente, vecchio: l’età mediana in Europa supera i 44 anni, contro i 19 dell’Africa e i 30 del mondo arabo.
Intanto, altrove, il futuro è già cominciato.
Nei paesi del Golfo, si pianificano città senza auto e senza emissioni, come Neom in Arabia Saudita: un progetto da 500 miliardi di dollari per costruire una megalopoli lineare nel deserto, alimentata al 100% da energia rinnovabile e governata da intelligenze artificiali. In Qatar e negli Emirati, le università collaborano con i migliori centri di ricerca del mondo, mentre i fondi sovrani investono nelle startup più avanzate dell’intelligenza artificiale e della biotecnologia.
L’Arabia Saudita nel 2024 ha superato la soglia dei 900 miliardi di dollari di PIL, con un tasso di crescita del 4,3%, sostenuto non più solo dal petrolio, ma da investimenti strategici nei settori digitali e nel turismo. Il fondo sovrano saudita (PIF) gestisce asset per oltre 800 miliardi di dollari. A confronto, l’Italia fatica a trovare 10 miliardi per tagliare il cuneo fiscale.
In Asia, l’India ha superato la Cina per popolazione, ma anche per ritmo di innovazione: è diventata hub mondiale del software e dei servizi digitali, con oltre 100 “unicorni” (startup valutate oltre un miliardo di dollari). La Corea del Sud e il Giappone continuano a dominare la frontiera tecnologica in settori come i semiconduttori e la robotica.
L’Occidente, invece, si trova a dover difendere l’esistente. E spesso nemmeno ci riesce. L’Europa discute per mesi sul Patto di Stabilità, mentre l’Africa esporta giovani e importazioni culturali occidentali. Ma non basta: al di sotto del Mediterraneo, cresce una nuova classe dirigente, sempre meno dipendente dalle ex potenze coloniali e sempre più orientata verso nuove alleanze con la Cina, la Russia, l’India.
Il paradosso è bruciante: il mondo che ha predicato la pace, oggi alimenta guerre per procura. Il continente che ha inventato la modernità sembra incapace di immaginare il futuro. E mentre le società europee si sfaldano tra individualismo e burocrazia, tra povertà educativa e debito pubblico, il mondo arabo e l’Asia progettano il mondo di domani – con giovani, capitali, ambizione.
Non è una questione solo economica. È spirituale, antropologica, politica.
L’Occidente si è svuotato di fede, di senso, di comunità. L’Oriente, pur tra mille contraddizioni, ha ancora una direzione, un’energia, una fame di futuro. Non è detto che quel futuro sarà migliore. Ma certamente sarà loro.
(Con il contributo di Bruno Mirante e Luca Falbo)