Un click e la realtà diventa menzogna. Equalize, la società di intelligence privata guidata da Samuele Calamucci, è accusata di aver fabbricato con l’intelligenza artificiale immagini false che ritraevano Leonardo Maria Del Vecchio in contesti mai vissuti. Non si tratta di illazioni: sono stati gli stessi collaboratori di Calamucci ad ammettere davanti ai pm l’uso di foto manipolate, progettate per costruire scenari compromettenti, persino con l’idea di montare deepfake video.
Secondo l’ultima informativa dei carabinieri del Nucleo investigativo di Varese, già consegnata alla procura, il gruppo era impegnato nel gennaio 2024 a “modificare per scopi sconosciuti fotografie attribuite a Del Vecchio”. Obiettivo: farlo apparire “in luoghi e situazioni dove non è mai stato”.
Davanti agli inquirenti, Giulio Cornelli – uomo chiave di Equalize – ha rivelato: «Calamucci voleva mettere il viso del signor Del Vecchio su foto di altre persone usando l’intelligenza artificiale. Era una delle sue richieste ricorrenti». Ancora più dettagliata la testimonianza di Angelo Abbadessa: «Abbiamo creato due immagini, una con la fidanzata di Del Vecchio e l’altra usando una mia foto come base. Poi ho inviato tutto a Cornelli, che le ha girate a Calamucci».
Calamucci, invece, ha scelto la via del silenzio, avvalendosi della facoltà di non rispondere.
Il sistema, spiegano le intercettazioni, era tanto rudimentale quanto efficace. Abbadessa a Cornelli: «Ti ho buttato una foto su Telegram. Ci sono due Del Vecchio. Sono prese da un settimanale, a bassa risoluzione. Se serve l’alta risoluzione, ne faccio altre». Poi l’ammissione: «Mi sono scaricato il suo Instagram, c’ho tutto il set di foto. Vedo di mettergli quella che matcha di più».
Non bastavano le foto: nei colloqui si pianificava anche il salto al video, con l’uso di app di sostituzione facciale. «E veniamo al deepfake – dicevano –: bisogna mettere su un set, facciamo un video io a te o tu a me, e con l’app sostituiamo la faccia».
In questo scenario surreale, Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, si trova in una doppia veste: da una parte indagato a Milano con l’accusa di concorso generico nell’inchiesta su associazione a delinquere e accesso abusivo a sistemi informatici; dall’altra, parte lesa in un filone parallelo, vittima di un possibile tentativo di estorsione basato proprio sulle foto manipolate.
Il fascicolo milanese, chiuso a fine luglio 2024, non ha incluso il suo nome. In quell’occasione Del Vecchio, interrogato dai pm, aveva chiarito la sua posizione: «Nell’ambito di verifiche commerciali lecite e per gestire rischi legati alla mia sicurezza, mi rivolsi alla Neis Agency». Una società investigativa dell’ex carabiniere Vincenzo De Marzio, che nei suoi accertamenti si era affidato a Calamucci, dando vita a una chat comune con i collaboratori.
Gli inquirenti ipotizzano un meccanismo perverso: creare un problema per poi proporsi come solutori. In altre parole, fabbricare materiale compromettente e presentarsi come i soli in grado di neutralizzarlo. «Si trattava di un modo per costruire dossier ad hoc – scrive l’informativa – con potenziali finalità di ricatto».
Le indagini difensive, affidate all’avvocato Maria Emanuela Mascalchi, hanno portato nuove testimonianze e sono già state recepite dai pm milanesi. Ora tutto è all’attenzione anche della procura di Roma, dove Del Vecchio è parte lesa in un’inchiesta parallela sulla “Squadra Fiore”, con al centro un tentativo di estorsione da 70mila euro.
Il quadro è torbido: ex carabinieri, investigatori privati, agenzie parallele che operano al confine tra sicurezza e dossieraggio. E un imprenditore erede di una delle famiglie più potenti d’Italia, che da figura sospetta rischia di diventare vittima di una macchina del fango digitale.
L’inchiesta, al di là della singola vicenda, apre una finestra inquietante su un mondo in cui l’intelligenza artificiale diventa arma di manipolazione. Basta un set di foto scaricate da Instagram per costruire una realtà alternativa, da usare come minaccia o strumento di pressione. Una realtà che, senza un controllo giudiziario, rischia di diventare la nuova frontiera del ricatto.







