I funzionari chiedono al ministro degli Esteri una svolta politica immediata sull’occupazione israeliana, la tutela dei civili palestinesi e la sospensione delle forniture d’armi: “Così rischiamo di violare il diritto internazionale e la Costituzione”
Una lettera riservata, dura, senza precedenti, indirizzata al ministro degli Esteri Antonio Tajani. Firmata da dipendenti del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI) e giunta alle mani de LaCapitale da fonti interne, il documento solleva interrogativi inquietanti sulla posizione dell’Italia rispetto alla crisi a Gaza e più in generale sul conflitto israelo-palestinese.
Il tono è formale ma inequivocabile: “Le chiediamo urgentemente di non renderci complici”.
Gaza, lettera a Tajani: “Un disagio etico e professionale”
Il cuore della missiva, redatta con tono istituzionale ma dal contenuto profondamente politico, ruota attorno al disagio che molti funzionari della Farnesina dichiarano di vivere in queste settimane.
“Assicurare, anche indirettamente, compiti e funzioni collegati ad attività cui partecipino autorità o entità israeliane direttamente coinvolte nello sterminio della popolazione civile palestinese – si legge nel testo – appare in contrasto con i nostri principi e con gli obblighi di tutela del Diritto Internazionale Umanitario”.
Il rischio, secondo i firmatari, è di configurare un vero e proprio “concorso o avallo” al massacro in corso, violando i principi costituzionali e gli impegni assunti dallo Stato italiano.
I temi: genocidio, crimini di guerra, illegalità dell’occupazione
La lettera fa esplicito riferimento al rapporto della Commissione d’inchiesta dell’ONU che, lo scorso 16 settembre, ha qualificato le condotte dell’esercito e del governo israeliano come “genocidio”. Citate anche le sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, che ha giudicato illegale l’occupazione dei Territori Palestinesi, e le violazioni commesse in Cisgiordania da coloni israeliani, spesso “con il sostegno dell’esercito”.
Tajani è invitato ad assumere una “posizione chiara e conseguente”, in linea con il diritto internazionale e con la crescente pressione di diplomazie europee e società civile.
Le richieste alla Farnesina: 17 misure concrete
L’elenco delle richieste avanzate è articolato e va ben oltre una semplice condanna simbolica. I firmatari invocano, anzitutto, la sospensione dell’Accordo di associazione UE-Israele, accompagnata dal riconoscimento dello Stato di Palestina e da iniziative concrete volte a fermare l’occupazione in corso. Viene inoltre chiesta una diffida formale al governo israeliano contro minacce o attacchi alla Global Sumud Flotilla, insieme a sanzioni mirate contro i responsabili di crimini di guerra, inclusa la possibilità di congelamento dei beni.
Particolare attenzione è rivolta alla protezione della relatrice ONU Francesca Albanese, recentemente colpita da sanzioni statunitensi. I firmatari chiedono anche lo stop immediato all’export di armi e tecnologie a duplice uso verso Israele, l’esclusione da appalti pubblici per aziende coinvolte nelle violazioni del diritto internazionale, e una moratoria sulle esercitazioni militari congiunte.
Infine, si sollecita l’esclusione di Israele da competizioni sportive e culturali internazionali, secondo un modello simile a quello adottato nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, e l’attivazione di misure per agevolare l’accesso in Italia di studenti, rifugiati e lavoratori palestinesi.
Un passaggio centrale riguarda la tracciabilità dei carichi bellici: si chiede che l’Italia non sia più corridoio per transiti di armi verso Israele, con direttive precise a dogane e porti.
L’appello finale
Il documento si conclude con un appello accorato: “L’inerzia – o la mera retorica slegata da atti concreti – ci espone al rischio di concorso rispetto a violazioni gravi del diritto internazionale umanitario e al genocidio in atto”.
I firmatari – di cui non è specificato il numero, ma che si definiscono “dipendenti del MAECI e cittadini e cittadine della Repubblica italiana” – si mettono a disposizione del ministro per un incontro operativo volto a implementare le proposte.
Gaza, lettera a Tajani: una rottura senza precedenti
Non è la prima volta che il mondo diplomatico italiano si esprime sulla questione palestinese: già 40 ambasciatori a riposo avevano lanciato un appello al governo nei mesi scorsi. Ma mai finora si era assistito a una simile presa di posizione da parte di dipendenti in servizio attivo, con richieste così dettagliate e strutturate.
La lettera sembra destinata ad accendere un dibattito politico urgente, soprattutto in un momento in cui la Flotilla internazionale è stata attaccata con droni, come denunciato dalla portavoce Maria Elena Delia, e i manifestanti italiani riempiono le piazze contro le forniture d’armi a Israele.
Il messaggio è chiaro: o si sta dalla parte del diritto internazionale, o si è complici. La Farnesina, finora, ha mantenuto una linea di equilibrio prudente. Ma le pressioni interne crescono. E i suoi stessi funzionari, per la prima volta, sembrano dire basta.