E poi ci chiediamo perché i giovani scappano all’estero! Certo, lo fanno anche per gli stipendi, che altrove sono il doppio rispetto all’Italia. Ma soprattutto perché in molti Paesi del mondo a contare è davvero il merito. Da noi, invece, il merito resta un optional. E Luigi Di Maio ne è la prova vivente.
Il giovane grillino, sin dal debutto, è riuscito a imporsi sulla scena nazionale come ministro degli esteri, vicepresidente del Consiglio, capo politico del Movimento politico. Tutto in un lampo, nonostante un curriculum praticamente vuoto, fatta eccezione per qualche esperienza… allo stadio.
Ma non è finita qui. Perché subito dopo il suo passaggio nei governi, dei quali non resta traccia nemmeno in una fotocopia, Di Maio ha ottenuto un incarico prestigioso: rappresentante “specialissimo” dell’Unione Europea nel Golfo Persico.
La notizia delle settimane scorse è un’altra: Luigi Di Maio è stato riconfermato come inviato speciale dell’Ue per il Golfo fino al 28 febbraio 2027. La decisione, annunciata dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE), è un vero e proprio voto di fiducia per l’ex capo della Farnesina, che dal 2023 guida la strategia europea in una regione sempre più infuocata. Il suo nome era stato proposto agli Stati membri dall’Alta rappresentante per la politica estera Kaja Kallas, che ha lodato “l’eccellente lavoro” dell’ex ministro italiano. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha ritenuto opportuno opporsi.
Eppure, la domanda resta: davvero non c’era nessuno più preparato per rappresentare l’Europa in una delle aree più esplosive del pianeta? Davvero l’Unione si affida a chi ha costruito la propria carriera più sull’opportunità politica che sulla competenza?
Di Maio, del resto, è già passato alla storia per aver annunciato solennemente la fine della povertà in Italia, grazie a un decreto bandiera del primo governo Conte. Ma non è un caso isolato: la regola italiana è sempre la stessa, avanzare senza titoli né meriti, purché si abbiano le giuste relazioni e si capiti nel posto giusto al momento giusto.
Lo dimostra anche l’attuale governo, dove fratelli, sorelle e cognati d’Italia hanno trovato giusta e alta collocazione come in una saga familiare. In questo quadro, la riconferma di Di Maio non appare un’anomalia, ma un tassello coerente. È l’ennesima prova che la politica italiana non premia il merito né la preparazione, ma soltanto la fedeltà e le appartenenze.
Così, mentre il mondo attorno brucia e i droni volano come rondini a primavera, l’Europa si affida a Luigi Di Maio nel cuore di una delle crisi più calde.
Un mistero buffo, sì. Ma che dice molto di noi.
di Tacco Di Ghino