Italo-disco per tutti i gusti nella prima semifinale Eurovision: impariamo a non lamentarci troppo di Sanremo

L’extraterrestre Lucio Corsi, già qualificato alla finale di sabato, si è esibito in mezzo a regine in latex, sosia di Elton John e cori da festa paesana, sembrava piovuto davvero da un altro pianeta. Con Volevo essere un duro, ha messo sul palco look, sostanza e ampli da trasloco. Una parola sola: eleganza. Ma, diciamolo… nel posto sbagliato. Troppo fuori categoria per questo festival dei fuochi d’artificio.

Chi ci ha convinto davvero

L’Ucraina con Bird of pray porta un look tra glam rock e musical anni ’80, un mix tra pop elettronico e rock da jukebox che potrebbe colpire nel segno, anche grazie a un ritornello sorprendentemente solido e tutt’altro che scontato. Bene anche il Portogallo, con Deslocado: un tocco retrò in un oceano di musica da centrifuga, dove un pizzico di malinconia può solo fare bene.

Momenti memorabili (per motivi sbagliati)

Tommy Cash con il suo caffè macchiati regala un’esibizione che è un trionfo di stereotipi e folklore remixato. Sembra una parodia ma senza autoironia, si salva per la faccia tosta, ma il buzz iniziale non ha trovato conferme. Forse il troppo parlarne in anticipo ha sortito l’effetto contrario.

Melody e la Spagna glitterata. Trenta secondi per passare dall’effetto wow al “no, grazie”. L’abito? Appena accennato. Il brano? Ancora meno. Una riflessione sull’immagine? No, solo effetti speciali vintage e molta nostalgia mal gestita.

L’Albania e la techno-nostalgia mal calibrata. Elektronike Zjerm è una specie di insalata di suoni: un po’ Boney M, un po’ modem anni ’90, un po’ Madonna sul viale del tramonto. Frullato sonoro dal retrogusto misteriosamente amaro.

I conduttori italiani: sforzo notevole, risultato discutibile

Gabriele Corsi e BigMama fanno del loro meglio, ma sembrano due comparse in gita scolastica a Tokyo. Tra battute incomprese, tempi comici saltati e traduzioni creative, si barcamenano come possono. Sufficienza generosa, soprattutto per l’altro Corsi che ci prova con stile. Lei, volenterosa ma ripetitiva, salva il tutto con qualche battuta in dialetto strappando almeno un sorriso.

La Svizzera celebra se stessa. Troppo.

Il momento più imbarazzante? L’omaggio alla nazione ospite. Cioccolatini volanti, coltellini danzanti e orologi psichedelici: sembrava uno spot della Toblerone diretto da un David Lynch in evidente stato di ebrezza alcolica. Apprezzabile l’idea, ma l’esecuzione… da rivedere. 

Promossi e rimandati: chi va avanti e chi torna a casa

Passano il turno: Norvegia, Albania (sì, proprio quella), Svezia, Polonia, Islanda e… San Marino. Ponte va in finale, tra l’incredulità generale e l’entusiasmo delle discoteche balneari. Tra gli esclusi eccellenti, il Belgio (una vera e propira ingiustizia, visto il brano davvero di pregio), la Slovenia (troppo cantautorale, forse non è piaciuto l’atmosfera alla Ed Sheeran) e Cipro, che ha puntato su salti e acrobazie. Ma la musica? Smarrita per strada.

Tre cose che abbiamo imparato ieri sera

La prima semifinale dell’Eurovision 2025 ci ha insegnato che:

1: L’eccesso è la nuova normalità.
2: Lucio Corsi è una boccata d’aria pulita.
3: Se la musica è globale, lo deve essere anche l’idea che la muove.

Coreografie, costumi, fuochi e laser vanno benissimo, anzi… ci divertono. Ma se manca un’idea musicale vera, originale, tutto il resto è un bellissimo nulla. L’Europa sarà anche “united by music”, ma almeno mettiamoci la musica, non solo l’uniforme. Per ora sembriamo uniti nel disorientamento… e la storia attuale lo conferma pienamente.