È arrivata la notizia che nessuno si aspettava più: almeno una delle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla è riuscita a raggiungere Gaza. A darne conferma è stata la tv turca Canal 24, che in diretta ha mostrato sia le immagini a bordo della Mikeno, sia il tracciamento satellitare della rotta. A circa 15 chilometri dalla costa, il puntino verde sullo schermo ha segnato l’ingresso nelle acque di Gaza, mentre da bordo arrivavano i video degli attivisti che sventolavano bandiere e gridavano «avanti tutta».
La Mikeno, piccola ma resistente, è diventata il simbolo di una missione che fino a poche ore fa sembrava destinata a concludersi con l’ennesimo fermo. Invece no: in mezzo a idranti, speronamenti, granate stordenti lanciate dai droni e abbordaggi simultanei della marina israeliana, una barca è riuscita a compiere il gesto più semplice e allo stesso tempo più dirompente: toccare le acque di Gaza.
Il segnale è stato amplificato in tempo reale dai social della Global Sumud Flotilla. Su X decine di account hanno rilanciato i fotogrammi della Mikeno, parlando di una “vittoria simbolica” che supera i confini della cronaca. Perché il valore non è solo nell’arrivo dei viveri e delle casse d’acqua trasportate a bordo, ma nella dimostrazione che rompere il blocco è possibile. Che nonostante la forza militare di Israele, le barche civili, prive di armi e di protezioni, possono resistere e aprire un varco, fosse anche solo per un attimo.
La Mikeno non rappresenta governi né Stati, non è bandiera di partiti o di istituzioni. È la traduzione in mare di una speranza: quella di chi sogna un mondo senza genocidi, senza guerre dimenticate, senza frontiere blindate che affamano intere popolazioni. È un’epopea di acqua salata e resistenza civile che si è scritta non solo nel Mediterraneo ma anche nelle piazze: a Napoli con i binari bloccati, a Roma con la stazione Termini blindata, a Milano con l’occupazione di Cadorna. La Mikeno diventa così il vessillo di chi, dentro e fuori la Palestina, chiede un mondo diverso.
Non è la prima volta che una flottiglia tenta l’impresa, ma ogni volta le navi venivano sequestrate o respinte. Questa volta no. La Mikeno è riuscita a entrare, e il suo viaggio, immortalato dal tracker e dalle dirette tv, è già storia. È il segnale che una parte di umanità non si arrende all’idea che la Striscia resti un carcere a cielo aperto.
Gli attivisti lo sanno: non sarà un singolo carico a cambiare il destino di Gaza. Ma il messaggio che la barca porta con sé è più forte di qualsiasi convoglio militare. È un atto politico e simbolico insieme, la prova che la solidarietà non si ferma davanti a minacce o abbordaggi. La Global Sumud Flotilla, dopo giorni di inseguimenti e di arresti, scrive così una pagina che resterà impressa nella memoria collettiva.
«Questa non è solo Gaza, è il mondo», dicono alcuni passeggeri nelle clip diffuse. E in quelle parole c’è la chiave per capire perché la notizia abbia fatto il giro del pianeta in poche ore: la Mikeno non ha portato soltanto viveri, ha portato l’idea che la pace sia ancora possibile, che la disobbedienza civile possa forzare blocchi considerati intoccabili.
Dopo le immagini dell’assalto notturno, dei cannoni ad acqua e delle granate stordenti, oggi il Mediterraneo offre un fotogramma diverso: quello di una piccola barca che ha tagliato il mare e ha varcato un confine che sembrava invalicabile. La Mikeno è entrata nelle acque di Gaza. E, almeno per una volta, la rotta della speranza ha avuto la meglio su quella della forza.