Il volto ancora teso, la voce ferma ma attraversata da un’emozione trattenuta. Papa Robert Francis Prevost, oggi Leone XIV, ha celebrato la sua prima messa con i cardinali nella Cappella Sistina e, nella sua omelia, ha lasciato intravedere le linee maestre di un pontificato che nasce tra le attese di rinnovamento e le ombre del passato.
Fin dalle prime parole, pronunciate a braccio in inglese, il nuovo Pontefice ha voluto stabilire un contatto diretto, quasi confidenziale: “Mi avete chiamato per portare una croce”. Un’espressione semplice, ma dal peso teologico profondo. Portare la croce non è solo accettare il carico del ministero petrino, ma è anche immergersi nelle ferite di un mondo che cambia, di una Chiesa che continua il suo cammino tra tempeste e speranze.
Pietro, la roccia e la notte del mondo
Il Vangelo scelto per la celebrazione – «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» – non è solo un riferimento rituale, ma una dichiarazione di intenti. Papa Leone XIV vuole radicarsi nella continuità, in quella roccia antica che è la fede apostolica, ma con la consapevolezza che oggi quella roccia è battuta da onde alte: secolarismo, crisi delle vocazioni, perdita di senso, divisioni interne. È proprio lì che, secondo le parole del Papa, la Chiesa deve essere “faro che illumina le notti del mondo”. Quella del nuovo Pontefice è stata un’omelia densa, senza orpelli, capace di tenere insieme dottrina e vita. “Ridurre Gesù a un leader carismatico o a un superuomo – ha ammonito – è ateismo di fatto”. È una frase che lascia il segno, un avvertimento non solo rivolto al mondo fuori dalla Chiesa, ma anche ai cristiani tentati da un cristianesimo annacquato, svuotato della sua forza salvifica. Non è un caso che Leone XIV abbia insistito più volte sulla centralità del rapporto personale con Cristo, come fondamento di ogni missione ecclesiale.
Sparire perché rimanga Cristo
«Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo, dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato». Qui il Papa ha fatto eco a una sensibilità già cara a Benedetto XVI e a Francesco, quella della periferia culturale, ma lo ha fatto con un linguaggio asciutto, preciso, quasi tagliente, più da pastore che da tribuno.
A colpire è stato anche un passaggio che dice molto di come Prevost intenda vivere il suo ruolo: «Sparire perché rimanga Cristo». Citando Sant’Ignazio di Antiochia, Leone XIV ha ribadito che chi guida la Chiesa non deve cercare visibilità o potere, ma solo servire. Un’espressione che ha quasi il tono di una preghiera e che acquista ancora più peso se letta alla luce di un passato che non manca di ombre.
Le ombre che accompagnano l’elezione
Non si può ignorare che l’elezione di Leone XIV sia avvenuta in un clima in parte turbato. Le polemiche sollevate da alcune accuse riguardanti la sua gestione, in passato, di casi delicati a Chiclayo e a Chicago, hanno trovato ampio spazio sulla stampa. La diocesi peruviana ha definito «completamente falso» il contenuto delle denunce, parlando di menzogne. Ma il tema resta aperto. Senza alimentare facili scandali – e nel rispetto dovuto al Successore di Pietro – è evidente che la questione della trasparenza e della credibilità sarà una delle prime sfide per questo nuovo pontificato.È forse anche per questo che Papa Leone ha parlato così a lungo della necessità di autenticità, di verità, di conversione. Perché oggi non basta più annunciare: bisogna essere, bisogna mostrare. È un’esigenza che tocca tutta la Chiesa, ma che riguarda in primo luogo chi ne è alla guida.
La scelta del nome e il segno della storia
Il nome scelto, Leone, non è casuale. Richiama il grande Papa Magno, difensore dell’ortodossia e protagonista del primo millennio cristiano, ma anche Leone XIII, il pontefice della Rerum Novarum e dell’apertura al mondo moderno. In quel numero romano, il XIV, risuona la volontà di inserirsi in una linea storica, ma anche il desiderio di guardare oltre, di non interrompere il cammino di riforma e di discernimento avviato dai predecessori. Alla fine dell’omelia, il Papa ha affidato il suo ministero alla “tenerissima intercessione di Maria Madre della Chiesa”. Non è un semplice gesto devozionale. È un ritorno all’essenziale, all’umiltà, alla fiducia. In un mondo che cambia in fretta e spesso dimentica le sue radici, Leone XIV sembra voler dire che la Chiesa potrà restare fedele alla sua missione solo se non smetterà di farsi piccola, povera, e santa.
Le parole e il tempo
Un pontificato comincia sempre con delle parole. Quelle di oggi – sobrie, profonde, non scontate – non chiudono il passato, ma aprono una fase nuova. E sarà il tempo, come sempre, a mostrarci se quella luce intravista nella Sistina saprà davvero illuminare le notti del mondo.