Nel 1975 Mina non ha più bisogno di dimostrare nulla. È già una diva assoluta, un monumento vivente. Ma non si accontenta del trono: vuole continuare a esplorare, a graffiare, a osare. E quando ascolta per la prima volta L’importante è finire, ancora in bozza, capisce che quella canzone è diversa. Non vuole che la canti qualcun’altra. La vuole per sé.
Il testo è firmato da un giovane Cristiano Malgioglio, nato in Sicilia, cresciuto in Australia e approdato a Genova. Un autore fuori dagli schemi, dalla penna affilata e con uno sguardo già rivolto avanti. Prima di sfondare, lavora alle Poste e si mantiene come può. È Fabrizio De André a intuire per primo il suo talento e ad aiutarlo a entrare nel mondo della musica. È grazie a lui se oggi abbiamo Malgioglio. E senza Malgioglio, forse Mina non avrebbe mai cantato uno dei brani più coraggiosi della nostra storia musicale.
Perché L’importante è finire non è solo una canzone. È una dichiarazione. È il racconto di una donna che ha deciso di lasciare un uomo, ma che prima di farlo si concede ancora un ultimo amplesso. Per sé. Perché ne ha voglia. Perché può.
“Spegne adagio la luce, la sua bocca sul collo, ha il respiro un po’ caldo, ho deciso lo mollo, ma non so se poi farlo o lasciarlo soffrire. L’importante è finire.”
All’epoca è troppo. Troppo esplicito. Troppo onesto. Troppo femminile. La Rai, che all’inizio approva la trasmissione, va in crisi. La canzone viene censurata dalla Hit Parade radiofonica. Quando va in onda, il conduttore interviene con battute per coprire i versi più scabrosi. Ma è in televisione che scoppia davvero il caso.
Nel programma Adesso musica Mina ha registrato un’esibizione magnetica, sensuale ma mai volgare. È pronta a tornare in prima serata, con tutta la sua potenza. E invece viene tagliata senza pietà. A poche ore dalla messa in onda, un dirigente Rai ordina: “Via Mina. Eliminatela.” Tutta la registrazione viene annullata. Sparita. Censurata. Cancellata.
Il motivo? Quei versi finali sono giudicati “osceni”.
“Ha il volto sconvolto, io gli dico ti amo, ricomincia da capo, è violento il respiro, io non so se restare o rifarlo morire. L’importante è finire.”
Mina è furibonda. Rifiuta ogni proposta di modifica. Non cambia una virgola. “La canzone resta così com’è”, fa sapere dalla sua villa di Lugano. E se la Rai non la vuole, pazienza. Il pubblico la ama lo stesso.
Nonostante l’embargo, L’importante è finire diventa un caso. Sale fino alla seconda posizione in classifica e vi rimane per 35 settimane. È un successo clamoroso, alimentato proprio dallo scandalo. Perché gli italiani, sotto sotto, sono pronti a sentire parole che la tv non ha il coraggio di mandare in onda.
Cristiano Malgioglio, all’inizio quasi spaesato dalla bufera, finisce su tutte le pagine dei giornali. Ma ci tiene a precisare: “Non sono un paroliere sexy. I miei temi sono rabbia, solitudine, amore. Non pornografia”. Il brano, confessa, l’aveva inizialmente pensato per Brigitte Bardot. Poi Mina lo ascolta, ne resta fulminata e lo fa suo. E da lì non ce n’è più per nessuno.
Il merito non è solo del testo. L’arrangiamento firmato da Pino Presti è un piccolo capolavoro: minimale, avvolgente, calibrato sulle sfumature della voce di Mina come un vestito cucito addosso. Ogni pausa, ogni sospensione, ogni accenno ritmico accompagna le parole con una grazia quasi cinematografica. È erotismo, sì. Ma elegante. Mai sguaiato. È desiderio consapevole. È femminilità adulta, che non chiede il permesso.
La censura, oggi, appare goffa. Eppure segnò uno spartiacque. Dopo L’importante è finire, nulla fu più come prima. Mina smise di apparire in tv: fu la sua ultima goccia di pazienza verso un sistema troppo stretto. Da quel momento scelse di essere solo voce. Voce e mito. E vinse.
Oggi, cinquant’anni dopo, quella canzone è ancora lì. Perfettamente attuale. Non solo per la sensualità, ma per quello che rappresenta: una donna che decide del proprio corpo, del proprio piacere, del proprio addio.
E per chi ha orecchie per sentire, resta una lezione di stile, di coraggio e di libertà. Altro che oscenità.
L’importante è finire. Ma finirla così… è stato solo l’inizio.