L’inchiesta che ha portato all’arresto – e successivo rilascio – di Federica Mogherini e Stefano Sannino non nasce da un caso fortuito né da un controllo di routine. Tutto è partito, come ha confermato l’Eppo, la Procura europea competente sulle frodi ai danni dell’Unione, da un esposto. Un dettaglio che in questo momento pesa quanto le ipotesi di reato: turbativa d’asta, frode in appalti pubblici, corruzione, conflitto di interessi e violazione del segreto professionale.
L’origine della segnalazione non è stata precisata, ma gli scenari considerati dagli inquirenti restringono il campo a due aree sensibili: il Servizio europeo per l’azione esterna (Seae) e il Collegio d’Europa di Bruges, di cui Mogherini è rettrice. Una circostanza che dà alla vicenda contorni ancora più delicati, perché apre la possibilità che l’esposto sia arrivato proprio dall’interno dell’istituzione al centro dell’inchiesta.
La Procura federale della capitale delle Fiandre occidentali sta verificando se il Collegio e i suoi rappresentanti siano stati informati in anticipo sui criteri di selezione della procedura di gara per l’assegnazione della nuova Accademia diplomatica dell’Unione. Un ruolo ambizioso, affidato dal Servizio europeo per l’azione esterna e destinato a formare la futura classe diplomatica dell’Ue. Secondo gli investigatori, Mogherini avrebbe avuto accesso prima del tempo a informazioni riservate sull’appalto, circostanza che, se confermata, costituirebbe uno dei punti più sensibili dell’indagine. L’inchiesta riguarda fatti risalenti al 2021 e al 2022, un periodo in cui la competizione per ottenere quel mandato era particolarmente rilevante.
Le persone formalmente coinvolte sono tre: Federica Mogherini in qualità di rettrice del Collegio d’Europa, Stefano Sannino come allora segretario generale del Seae, e Cesare Zegretti, co-direttore dell’Ufficio Executive Education, Training and Projects del Collegio. La loro posizione viene analizzata in relazione alla gestione della procedura di selezione e alle informazioni disponibili nei mesi che precedettero la pubblicazione del bando. A rendere il quadro ancora più intricato è il fatto che la questione non nasce in Belgio ma approda lì dopo essere passata dall’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, dove erano arrivati i primi elementi della segnalazione.
I magistrati vogliono capire se il Collegio avesse fondati motivi per ritenere di essere il naturale assegnatario del progetto ancora prima che la gara venisse ufficialmente lanciata. È su questo passaggio che si concentra la domanda degli inquirenti: una convinzione legittima, basata sull’esperienza dell’istituzione nata nel 1949 e specializzata nella formazione europea, o un vantaggio indebito maturato grazie a informazioni interne? L’Eppo ricostruisce la vicenda con prudenza, ma sottolinea che uno dei punti più rilevanti è proprio la tempistica con cui alcune decisioni operative del Collegio sono state assunte.
È qui che entra in scena l’elemento che ha attirato l’attenzione degli investigatori: l’acquisto dell’edificio di Spanjaardstraat, nel centro di Bruges, scelto dal Collegio d’Europa in una data molto ravvicinata all’avvio del bando. Una coincidenza che, da sola, non costituisce prova di illecito, ma che diventa significativa se collegata a un altro dettaglio: la gara prevedeva tra i requisiti la disponibilità di alloggi per ospitare i diplomatici durante i corsi. L’operazione immobiliare, dunque, potrebbe essere interpretata come un segnale di preparazione anticipata a un risultato non ancora pubblico.
Gli investigatori intendono chiarire se l’acquisto sia stato compiuto sulla base di una semplice valutazione interna o perché il Collegio aveva già elementi per ritenere altamente probabile l’affidamento del progetto. Da qui nascono le ipotesi di turbativa d’asta e di violazione delle norme amministrative sulle gare, che i magistrati stanno verificando attraverso acquisizioni documentali e audizioni. Le accuse, al momento, restano tutte da dimostrare, ma delineano un quadro in cui la gestione delle informazioni sensibili gioca un ruolo cruciale.
Il Collegio d’Europa, fondato nel 1949, è un’istituzione centrale nel sistema formativo europeo e gestisce programmi di alta formazione dedicati agli affari comunitari. Ricevere la guida dell’Accademia diplomatica avrebbe rappresentato un ampliamento naturale delle sue attività. Proprio questa storica autorevolezza potrebbe aver alimentato la percezione di un ruolo quasi “destinato”, percezione che ora è oggetto di valutazione da parte della Procura. Allo stesso tempo, anche il Seae ha un ruolo da chiarire, perché alcune delle ipotesi di segnalazione riguardano proprio possibili anomalie interne ai bandi che avrebbero portato all’aggiudicazione.
A oggi l’inchiesta procede su più livelli: quello del presunto vantaggio informativo, quello della gestione interna della gara e quello, più politico, della trasparenza del processo decisionale da parte di istituzioni europee di primo piano. Gli arresti, poi trasformati in rilascio, hanno acceso un riflettore su una vicenda che intreccia diplomazia, governance e procedure amministrative. Nulla è stato ancora provato, ma il percorso investigativo appare destinato a rimanere al centro dell’attenzione pubblica.







