L’unico bipolarismo che funziona in Italia: la scuola renziana non muore mai

Firenze, chiusura campagne elettorali per la Regione Toscana in varie piazze della città. Nella foto Renzi con Italia Viva per Eugenio Giani presidente

Come si dice? “Delle due, l’una”.
In questo caso, però, dei tre… l’uno. Sì, perché il sultano Matteo Renzi, che di tranquillità non ne ha mai avuta troppa, nei giorni precedenti ha salvato Piantedosi (Ministro dell’interno), dall’autorizzazione a procedere contro di lui sul caso Almasri. Nel frattempo però, l’abile funiere, ha affondato Nordio (Ministro della Giustizia) e Mantovano (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio). D’altronde, non dimentichiamoci, che tra Renzi e Mantovano è guerra fredda da tempo: un po’ come il gatto e il topo. Dove pare proprio che il giovane toscano, enfant prodige, non abbia per nulla digerito la mossa tanto silenziosa quanto velenosa di Mantovano. Quale? Quella di togliergli dalla scorta proprio i servizi segreti, categoria che Renzi non solo ama, ma coccola quasi come se fossero parte integrante della sua vita.

Il “bipolarismo politico” di Matteo Renzi, se guardato con attenzione, più che una debolezza è un colpo di genio.
Renzi ha un problema che vale per tre: ascolta solo quando vuole. Anzi, spesso non ascolta affatto, soprattutto i consigli prudenti, dei consiglieri più astuti. Perché, diciamolo chiaramente: Renzi non è solo un politico intelligente, come diceva il Cavaliere, ma è ancor di più, il più stratega. Dialetticamente è in grado di tenere testa a chiunque, anche senza preavviso.

Pragmatico fino allo sfinimento
Non dimentichiamo i suoi rapporti con l’intelligence, le conferenze internazionali, le fondazioni, gli organismi esteri: mondi in cui si muove come un pesce nell’acqua, spesso con più agilità di quanto non faccia nel Parlamento italiano, dove invece viene visto con sospetto, se non con fastidio, da molti dei suoi colleghi.

E qui sta il paradosso più affascinante del “fenomeno Renzi”: è più stimato all’estero che in casa propria. Piace ai diplomatici, agli analisti, agli uomini dei servizi, e a certi ambienti economici internazionali che contano. Eppure, anche chi lo contesta, sotto sotto, lo sa: quando c’è lui in campo, qualcosa succede sempre. In fondo, è proprio questo che rende Renzi uno dei personaggi più imprevedibili e sfiziosi della politica italiana. E parlando di imprevedibilità, credo che Calenda con ogni probabilità ne sappia qualcosa.

Matteo, è un uomo che si è tolto piccoli (ma significativi) sassolini dalle scarpe nel breve periodo in cui ha governato. Il “bipolare” Renzi, alla fine, vuoi o non vuoi è sempre un passo avanti. E non parliamo di percentuali, o di seggi. Parliamo di strategia di riposizionamento, curata nel dettaglio, con mosse lente, che pesano e danno nell’occhio anche quando se ne parla poco. E così, tra un tweet, un’intervista strategica, e una giravolta parlamentare, ecco che vediamo spuntare all’appello Casa Riformista.


Una sigla nuova, una scommessa azzardata. Ma anche una mossa niente affatto ingenua. Criticata? Molto. Efficace? Forse sì. Perché magari, oltre ad allargare la sua presenza nei territori, l’obiettivo primario è proprio un altro: arrivare al tavolo del Nazareno con un peso diverso, rispetto a quello che detiene ora. Influente si, ma non ancora incisivo. E diciamocelo, per i più attenti, se continua così come sta facendo da un mese e più, probabilmente ci riuscirà eccome.

di Carlo Maria Mazzei