Migranti, il Consiglio Ue approva i Paesi terzi sicuri e il nuovo regolamento sui rimpatri: per Piantedosi ora può ripartire il progetto Albania

Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la proposta sui Paesi terzi sicuri e il nuovo regolamento sui rimpatri, segnando un passaggio politico decisivo nella gestione dei flussi migratori. L’intesa era attesa da tempo dal governo italiano, che ora punta a portare rapidamente in Consiglio dei ministri il disegno di legge di ratifica della nuova legislazione europea. L’obiettivo dichiarato è sbloccare l’utilizzo del centro in Albania, rimasto finora fermo in attesa di una cornice giuridica stabile.

A Bruxelles, durante il Consiglio dei ministri degli Affari interni e della giustizia, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha rivendicato il risultato ottenuto, sottolineando come l’accordo consenta di rimettere in moto l’intero impianto del progetto Albania. «I centri d’Albania si ricandidano con forza ad essere attivi su tutte le funzioni per i quali sono stati concepiti, quindi i luoghi di trattenimento per l’esercizio delle procedure accelerate di frontiera, ma soprattutto a candidarsi ad essere il primo esempio di quei return hubs che sono citati proprio da uno di questi regolamenti approvati», ha spiegato il ministro.

Nel pacchetto delle decisioni approvate rientra anche un punto che riguarda direttamente i rapporti tra Italia e Germania. Piantedosi ha annunciato che fino a giugno del 2026 l’Italia non sarà obbligata a riprendere i cosiddetti migranti secondari rintracciati sul territorio tedesco. «Abbiamo convenuto una posizione comune sul fatto di resettare completamente le vecchie regole e quindi definitivamente vengono annullate le procedure di Dublino fino all’entrata in vigore del nuovo Patto», ha chiarito il titolare del Viminale.

Sul piano politico, la prima reazione di rottura è arrivata dall’Ungheria. Il premier Viktor Orban ha annunciato apertamente la dissociazione del suo Paese dalle misure approvate. «Con la decisione odierna, Bruxelles sta cercando di costringere l’Ungheria a pagare ancora di più o ad accogliere i migranti. Questo è inaccettabile. Non accoglieremo un solo migrante e non pagheremo per i migranti altrui. L’Ungheria non applicherà le misure del Patto sulle migrazioni. La ribellione ha inizio», ha dichiarato.

Uno dei passaggi chiave dell’intesa è la definizione della lista dei Paesi di origine sicuri. Secondo quanto deciso dal Consiglio, rientrano nell’elenco Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. A questi si aggiungono anche i Paesi che sono in attesa di fare ingresso nell’Unione europea. Per i cittadini provenienti da questi Stati saranno applicate le nuove procedure che prevedono l’esame accelerato delle domande di asilo, che nella maggior parte dei casi potrà concludersi con un respingimento, oppure la possibilità che l’istanza venga esaminata in un Paese terzo extra-Ue dal quale il migrante è transitato.

Le procedure accelerate di frontiera per i migranti provenienti da Paesi sicuri potranno essere applicate non soltanto alle frontiere dell’Unione, ma anche nei Paesi di transito. È un punto che incontra in modo diretto le richieste dell’Italia, visto che proprio da Bangladesh, Egitto e Tunisia arrivano da tempo una parte consistente dei flussi diretti sulle coste italiane.

Connesso a questo impianto è il concetto di “Paese terzo sicuro”, che consente agli Stati membri di respingere una domanda di asilo come inammissibile senza entrare nel merito, quando i richiedenti avrebbero potuto chiedere e ottenere protezione internazionale in un Paese extra-Ue ritenuto sicuro per loro. È il caso, ad esempio, di un migrante dell’Africa subsahariana che transiti dal Marocco o dalla Tunisia prima di arrivare in Italia: secondo le nuove regole, avrebbe dovuto chiedere asilo in quei Paesi.

In linea generale vanno considerati sicuri i Paesi per i quali la percentuale di concessione dei permessi di soggiorno ai richiedenti asilo non superi il 20 per cento. Secondo le norme aggiornate, gli Stati membri potranno applicare il concetto di Paese terzo sicuro in tre situazioni: quando esiste un legame tra il richiedente e il Paese terzo; quando il richiedente ha transitato attraverso il Paese terzo prima di arrivare nell’Ue; quando esiste un accordo o un’intesa con un Paese terzo sicuro che garantisca che la richiesta venga esaminata direttamente lì. L’applicazione di questa possibilità non è consentita nel caso di minori non accompagnati.

L’accordo sul nuovo regolamento rimpatri apre anche alla realizzazione dei cosiddetti return hub fuori dai confini europei. «Sugli hub per i rimpatri non spetta a me pensare ai Paesi terzi; si tratta di negoziati tra gli Stati membri e poi con i Paesi terzi», ha spiegato il commissario europeo per gli Affari interni e la Migrazione, Magnus Brunner. «Sarebbe positivo se più parti unissero le forze. Penso ai Paesi Bassi, che stanno discutendo con l’Uganda. La Germania ha già aderito ai colloqui. Così come l’Italia e l’Albania. Abbiamo ormai gettato la base giuridica affinché sia possibile prendere in considerazione idee così innovative».

Nel corso del Consiglio Affari Interni è stato raggiunto anche l’accordo politico sulle quote di solidarietà, all’interno del Patto sulla Migrazione e l’Asilo, per gestire l’equilibrio tra responsabilità e sostegno tra i vari Stati membri. Sulla base dei criteri stabiliti, la Commissione europea ha concluso che Cipro, Grecia, Italia e Spagna sono i Paesi sottoposti a maggiore pressione migratoria e potranno quindi beneficiare delle misure di solidarietà del cosiddetto pool.

Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia e Polonia sono invece stati individuati come Paesi che affrontano una situazione migratoria significativa a causa della pressione cumulativa degli anni precedenti. Per loro è prevista la possibilità di richiedere una detrazione totale o parziale dai contributi al pool di solidarietà.

Un terzo gruppo di Paesi considerati a rischio di pressione migratoria avrà accesso prioritario al pacchetto di strumenti di sostegno dell’Unione, che comprende l’assistenza delle agenzie europee e il sostegno attraverso i fondi Ue. Dopo l’accordo politico raggiunto oggi, il Consiglio dovrà ancora adottare formalmente la decisione di attuazione, che arriverà dopo la revisione giuridica e la traduzione dei testi entro il 31 dicembre 2025.