Giuseppe è indagato. Nelle chat, nelle delibere, nelle strategie urbanistiche che secondo la Procura di Milano hanno trasformato la città in un gigantesco parco giochi per gli immobiliaristi. Il suo nome compare tra quelli degli arrestati — sei in tutto, tra cui l’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e il numero uno di Coima Manfredi Catella — e spunta nei passaggi più delicati. Sempre lì, sullo sfondo. A tratti spettatore, più spesso garante. E mai — mai — sorpreso.
La domanda è semplice: quanto sapeva il sindaco Sala?
La risposta, a leggere le carte, è ancora più semplice: tutto.
e accuse mosse dalla Procura sono due: aver rilasciato dichiarazioni false sull’assenza di conflitti d’interesse del presidente della Commissione Paesaggio, Sandro Marinoni, e aver preso parte a un meccanismo di pressioni per forzare un parere favorevole sul progetto di riqualificazione del “Pirellino”.
Secondo gli inquirenti, nel dicembre 2024 Sala avrebbe confermato Marinoni alla guida della Commissione nonostante sapesse – dicono gli atti – dei suoi rapporti con imprenditori come Catella. Ma è l’altro filone a scuotere Palazzo Marino: quello che riguarda il progetto targato Boeri e Catella. Per la Procura, Tancredi – su spinta dei due architetti – avrebbe esercitato pressioni su Marinoni affinché modificasse il suo giudizio negativo. Il 21 giugno 2023, Boeri scrive direttamente a Sala per sollecitare un intervento. Il giorno dopo, come per magia, la Commissione cambia idea ed emette un parere “favorevole condizionato”.
Un cambio di rotta che, per gli investigatori, non sarebbe affatto spontaneo. Il sospetto è che dietro ci sia un sistema fatto di messaggi, incontri e “consigli” mirati. E che Sala, pur sapendolo, non sia mai intervenuto per fermarlo.
È lo stesso Tancredi a chiarirlo, quando viene riportato mentre “confida nell’appoggio del sindaco” per spingere avanti un piano regolatore parallelo fatto di torri, premi volumetrici, scorciatoie normative e incarichi d’oro. È con quell’appoggio — e solo grazie a quello — che viene confermata la nomina di Giuseppe Marinoni alla presidenza della Commissione Paesaggio. Peccato che Marinoni fosse già coinvolto in progetti multimilionari con Coima e altri big del mattone. Un conflitto d’interessi urlato, eppure ignorato. Anzi: ratificato direttamente da Sala.
Il sindaco, dunque, sapeva. Che Marinoni prendeva soldi da chi poi doveva valutare. Che Tancredi esercitava pressioni sui tecnici del Comune, spaventati da altezze e cubature monstre. Che si “estrapolavano” torri dai piani urbanistici per evitarne la discussione pubblica. Che si usavano accordi di partenariato pubblico-privato come grimaldelli per saltare vincoli, dibattiti e opposizioni. Sapeva tutto. E non ha fatto nulla.
Anzi, qualcosa l’ha fatta. Ha taciuto. Anche adesso. Mentre la Procura parla chiaro e descrive un sistema, non un inciampo. Una macchina efficiente, con Tancredi alla regia, Coima alla produzione e Palazzo Marino a fare da sponsor istituzionale. “Operava anche per motivare gli uffici comunali a esprimersi positivamente”, scrivono i pm. Leggi: Tancredi tirava giù le resistenze interne, e quando non bastava organizzava incontri con Marinoni e le società per ‘prepararle’ alle obiezioni. Il tutto sempre aggiornando Sala, che — si legge — “condivideva e appoggiava le strategie”.
La punta dell’iceberg? Il famigerato “piano regolatore ombra” evocato in una chat da Marinoni, fiero di come si stessero aggirando i percorsi ufficiali con “alte parcelle” in cambio. Oppure le delibere cucite su misura, i pareri della Commissione ribaltati dopo pressioni, i “nove nodi urbani” che diventavano terreno di conquista per pochi. Il tutto condito da compensi: 138mila euro per il Pirellino, 296mila per la Goccia, oltre 2,5 milioni per l’architetto Scandurra. Eppure, nessuno alzava un dito.
E ora? Ora niente. Sala tace. Ha smesso di parlare anche del famigerato “Salva-Milano”, la norma bloccata al Senato che avrebbe sterilizzato le inchieste sulle volumetrie gonfiate e sugli sconti ai costruttori. Una legge su misura, pensata per Milano ma con effetti potenzialmente devastanti a livello nazionale. Sala l’ha difesa, ha spinto, ha chiesto “di stringere i tempi”. Ora fa un passo indietro. Dice: “Non aprirò più bocca”.
Troppo comodo.
Perché se davvero non c’era nulla da nascondere, allora perché coprire tutto? Perché nominare Marinoni? Perché non fermare Tancredi, che da oltre dieci anni è il burattinaio silenzioso delle trasformazioni urbane milanesi? Perché lasciare che la città diventasse un feudo di pochi, una vetrina per i soliti noti con accesso riservato ai piani alti del potere?
Il “modello Milano” oggi non è più replicabile. Perché mostra la sua parte peggiore: quella in cui i ruoli pubblici si piegano agli interessi privati, la trasparenza si opacizza, e chi dovrebbe decidere per tutti lo fa per pochi. Un modello che non regge alla prova delle intercettazioni. E che ora, per essere salvato, pretende un colpevole silenzioso.
Il problema è che quel silenzio porta un nome e un cognome: Giuseppe Sala.