Omicidio di Chiara Poggi, la famiglia Sempio nel mirino: soldi, bigliettini e nuove indagini. Il caso riaperto dopo 17 anni

Andrea Sempio

Le zie di Andrea Sempio avrebbero versato 43 mila euro al padre del ragazzo tra il 2016 e il 2017. L’ex pm Mario Venditti, oggi indagato per corruzione, archiviò due volte l’indagine su Sempio. Ora torna tutto in discussione: il Dna sotto le unghie di Chiara è ritenuto valido.

A Garlasco l’aria è tornata pesante come nel 2007. Diciassette anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, la cittadina pavese rivive il suo incubo giudiziario. Venerdì mattina, all’alba, carabinieri e finanzieri hanno bussato alle porte dei Sempio: perquisizioni, interrogatori, conti correnti passati al setaccio. Il nome che ricorre in tutti gli atti è quello di Andrea, 37 anni, unico indagato nella nuova inchiesta per l’assassinio della giovane uccisa nella sua villetta il 13 agosto 2007.

Nel pomeriggio la famiglia si è riunita a casa di una delle zie, in una villetta a schiera ai margini di Garlasco. «Sono le mie sorelle, le amo da morire», ha detto Giuseppe Sempio, il padre di Andrea, arrivando con la moglie Daniela Ferrari. Hanno trascorso ore chiusi in casa, lontano dai giornalisti, nel tentativo di ritrovare compattezza dopo il terremoto giudiziario che li ha travolti.

La Procura di Brescia, che indaga sull’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti per corruzione in atti giudiziari, ha infatti iscritto nel registro anche i familiari di Sempio come persone informate sui fatti. Al centro dell’inchiesta ci sono movimenti bancari sospetti: tra la fine del 2016 e la prima metà del 2017, le due zie di Andrea avrebbero versato sul conto del fratello Giuseppe assegni per un totale di 43 mila euro.

Secondo gli inquirenti, almeno una parte di quel denaro sarebbe poi stata utilizzata per “convincere” il magistrato a chiedere l’archiviazione delle accuse nei confronti del giovane. Archiviazione che arrivò effettivamente nel marzo 2017, con una formula che escludeva “categoricamente la responsabilità dell’indagato per l’omicidio Poggi”.

La difesa, però, respinge con forza ogni accusa. «I soldi erano destinati al pagamento degli avvocati, non a corrompere nessuno», ha spiegato Giuseppe Sempio. L’uomo ha ammesso di aver scritto lui il bigliettino trovato dai carabinieri durante le perquisizioni di maggio – “Venditti gip archivia X 20.30 €” – ma nega che si trattasse di un promemoria per una mazzetta. «Segno tutto, anche le spese minime – ha dichiarato –. Portavo io le buste con i soldi ai legali».

L’avvocata Angela Taccia, che oggi assiste la famiglia, fornisce una spiegazione alternativa: «Quei “20.30 euro” indicano il costo delle marche da bollo necessarie per le copie degli atti». Ma il sospetto che la cifra si riferisca ad altro resta, anche perché – come emerso dalle carte – le somme versate dalle zie furono immediatamente prelevate in contanti.

Gli accertamenti proseguono su più fronti. Gli inquirenti stanno ricostruendo il flusso di denaro e verificando i rapporti tra la famiglia Sempio e alcuni ufficiali dei carabinieri che, nel 2017, avevano collaborato con la Procura di Pavia. Nei loro confronti si ipotizzano “contatti opachi” con l’indagato e anomalie nei verbali d’interrogatorio: omissioni, durate troppo brevi, frasi tagliate.

È proprio in quell’anno che Mario Venditti – oggi a processo per corruzione – firmò la richiesta di archiviazione di Andrea Sempio, sostenendo che «non si riesce a individuare alcun movente» a suo carico. Tre anni più tardi il magistrato replicò la stessa formula in un secondo fascicolo “contro ignoti”, affermando in tv di aver deciso “dopo ventuno secondi” che Sempio non poteva essere l’assassino di Chiara.

Ora però tutto torna in discussione. Il motivo è un frammento di Dna trovato sotto le unghie della vittima e rimasto a lungo senza attribuzione certa. Il genetista Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, ha confermato che quel reperto è “utilizzabile” e che si procederà a nuovi confronti. «Per questa analisi sui margini ungueali effettueremo tutti i possibili test comparativi», ha detto Capra.

Sarà la biologa forense Denise Albani a condurre gli esami ordinati dalla Procura di Pavia, un test che la difesa di Sempio ha sempre cercato di evitare. Secondo il legale di Marco Poggi, fratello della vittima, «si tratta di un passo decisivo: ci sono dati probatori reali che non possono più essere ignorati».

I Sempio, intanto, continuano a proclamare la loro innocenza. «Mi fa schifo che le intercettazioni di una famiglia vengano rese pubbliche», ha dichiarato Daniela Ferrari, madre di Andrea, ospite di Quarto Grado. «L’idea che avremmo consegnato denaro a un magistrato è una cavolata. Siamo una famiglia normale, non dei criminali».

Ma l’inchiesta bresciana non sembra destinata a sgonfiarsi. Gli investigatori sospettano che dietro i versamenti familiari ci sia una rete più ampia di aiuti e coperture, forse in grado di influenzare le indagini originali. I magistrati vogliono capire se davvero le archiviazioni firmate da Venditti furono il frutto di una valutazione processuale o di un accordo corruttivo.

Nel frattempo, la Procura di Pavia ha riaperto il fascicolo sull’omicidio Poggi. Dopo anni di silenzi e di depistaggi, la scena del crimine viene nuovamente passata al microscopio. Ogni dettaglio, ogni referto, ogni telefonata del 2007 torna a essere riascoltato.

Andrea Sempio, che si è sempre proclamato estraneo, si trova di nuovo sotto i riflettori. Amico d’infanzia di Marco Poggi, frequentava spesso la casa della vittima. È stato uno dei primi a essere sentito, ma anche uno dei primi a essere escluso dalle indagini grazie proprio alle due archiviazioni ora finite nel mirino.

Diciassette anni dopo, Garlasco non ha ancora una verità definitiva. E mentre le accuse di corruzione contro Venditti rischiano di riscrivere la storia giudiziaria del caso, resta una sola certezza: il delitto di Chiara Poggi, uno dei più misteriosi d’Italia, non ha ancora trovato giustizia.