Un monito, un richiamo morale e un atto di accusa. Papa Leone XIV entra con passi pesanti nel dibattito globale sul clima, scegliendo proprio la Cop30 di Belem per segnare la linea del suo pontificato. Il video, registrato negli ultimi giorni e trasmesso al Museo Amazzonico, arriva mentre il vertice sul clima voluto dal presidente brasiliano Lula da Silva si avvicina alla conclusione. E il messaggio non potrebbe essere più netto: l’emergenza climatica non è un destino scritto, ma un fallimento umano. E soprattutto politico.
Leone XIV, impossibilitato a partecipare per gli impegni del Giubileo, parla a una platea che il Vaticano considera strategica. Con lui, in Brasile, è volato il cardinale Pietro Parolin, accompagnato da una delegazione nutrita. Un gesto che segnala quanto la Santa Sede intenda essere presente in un vertice che si svolge nel cuore dell’Amazzonia, la regione che più di tutte incarna la fragilità degli equilibri climatici. “La vostra voce profetica – dice il Papa rivolgendosi alle Chiese del Sud del mondo – è un richiamo al mondo intero. L’Amazzonia continua a essere un simbolo vivente della creazione e ha un urgente bisogno di cure”.
Il messaggio, però, non è solo spirituale. È politico, sociale, culturale. E non risparmia nessuno. “Il creato sta gridando attraverso inondazioni, siccità, tempeste e caldo implacabile”, afferma il Pontefice. Una persona su tre, ricorda citando dati scientifici, vive oggi in condizioni di forte vulnerabilità climatica. Per milioni di esseri umani il cambiamento climatico non è un’astrazione, ma una quotidiana minaccia alla sopravvivenza. “Ignorare queste persone – afferma Leone XIV – significa negare la nostra comune umanità”.
A colpire è soprattutto il passaggio sulla volontà politica. Un riferimento chiaro al presidente Trump, che negli anni ha stracciato, sabotato o rallentato l’attuazione dell’Accordo di Parigi. “Non è l’Accordo che sta fallendo, ma siamo noi che stiamo fallendo nella nostra risposta”, dice Leone XIV. E ancora: “Quel che manca è la volontà politica di alcuni”. Una frase che non pronuncia mai il nome del presidente ma che, per toni e contesto, risuona come una risposta diretta alle sue recenti dichiarazioni contro “l’ideologia green” e contro le regole che, a suo dire, “imbrigliano l’economia”.
Il Papa prende posizione su un terreno che conosce bene. Dall’inizio del pontificato ha fatto del clima uno dei pilastri della sua azione pastorale, e in più occasioni ha segnalato che cambiare rotta non è solo un dovere ambientale ma una scelta morale. “C’è ancora tempo per mantenere l’aumento della temperatura sotto 1,5°C”, insiste, “ma la finestra si sta chiudendo”. L’appello è per un’azione rapida, concreta, collettiva: “Come custodi del creato di Dio siamo chiamati ad agire con fede e profezia”.
Il discorso si allarga a temi economici e geopolitici. Leone XIV ricorda che un’azione climatica forte non è una minaccia ma un’opportunità. Creare sistemi economici più solidi e più equi, promuovere politiche ambientali coraggiose, sostenere i Paesi più fragili: tutto questo, afferma, è un investimento nel futuro dell’umanità. Il tono del Papa è particolarmente deciso quando parla della responsabilità globale: “Camminiamo al fianco di scienziati, leader e pastori di ogni nazione e credo. Siamo custodi del creato, non rivali per le sue spoglie”.
Belem, città-porta dell’Amazzonia, diventa così lo scenario simbolico per un intervento che mira a costruire un fronte comune. Il Papa guarda al vertice come a un laboratorio di cooperazione internazionale e chiede che sia ricordato come il luogo in cui “l’umanità ha preferito la cooperazione alla divisione e alla negazione”. Anche qui, la stoccata verso chi sfrutta le tensioni geopolitiche per bloccare gli accordi climatici è evidente.
L’agenda del vertice, d’altronde, racconta un mondo ancora spaccato. Da un lato i Paesi che chiedono azioni immediate e strumenti finanziari per affrontare le conseguenze degli eventi estremi; dall’altro, governi che temono rallentamenti economici e preferiscono rinviare. In mezzo, un’opinione pubblica sempre più scossa dagli effetti del clima fuori controllo: incendi, alluvioni, ondate di calore che toccano ormai ogni continente.
Il videomessaggio di Leone XIV arriva proprio mentre la bozza finale della Cop30 rischia di perdere incisività. La politica interna del presidente ha irrigidito molti tavoli, rallentato le trattative e alimentato una narrazione che presenta la transizione ecologica come un’imposizione. Il Papa ribalta questa lettura: la transizione, dice, è responsabilità verso le generazioni future e “segno di autentica leadership”.
Nel finale, il Pontefice si rivolge direttamente alle delegazioni riunite a Belem: “Inviamo insieme un segnale globale chiaro: nazioni che sostengono con incrollabile solidarietà la cooperazione climatica”. Poi la benedizione conclusiva, che chiude un messaggio destinato a pesare non solo sul vertice brasiliano, ma sul dibattito internazionale dei prossimi mesi. Perché il clima, avverte Leone XIV, è ormai lo specchio più fedele della responsabilità politica e morale dei leader del pianeta. E la finestra, quella che ancora permette di contenere il surriscaldamento entro limiti accettabili, non resterà aperta ancora a lungo.







