Putin riaccende la Guerra fredda con un microfono: torna Intervision (e ci saranno anche gli USA)

Mancano esattamente 78 giorni. Lo ricorda con puntualità ossessiva un pannello digitale in piazza del Maneggio, proprio davanti al Cremlino. Il conto alla rovescia non è per un lancio spaziale né per una nuova parata militare, ma per la resurrezione di un relitto della Guerra fredda: Intervision, il festival della musica sovietica che Vladimir Putin ha deciso di riesumare per rimpiazzare l’odiato Eurovision. Un concorso musicale? Non proprio. Un evento culturale? Forse. Ma soprattutto, una vetrina ideologica perfettamente in linea con il nuovo corso autoritario e ultranazionalista del Cremlino. E come ogni grande operazione di propaganda, ha bisogno di un colpo di scena. Eccolo: tra i partecipanti ci saranno anche gli Stati Uniti.

Proprio così. La notizia, confermata dall’agenzia russa Tass, ha scatenato un terremoto diplomatico. Non è una bufala, non è un’operazione di marketing: gli Stati Uniti prenderanno parte alla nuova Intervision, ribattezzata in russo Intervidenie, organizzata direttamente dal ministero degli Esteri russo. Oltre ai soliti noti – Russia, Bielorussia, Kazakistan, Uzbekistan, Iran, Cina, Venezuela, Cuba e Qatar – il palco della Live Arena di Mosca vedrà sfilare anche una delegazione a stelle e strisce. È la mossa che Vladimir Putin aspettava per rilanciare il concorso come vera alternativa globale al “decadente” Eurovision, da cui la Russia è stata bandita nel 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina.

Non è la prima volta che Mosca tenta di rilanciare Intervision. Già nel 2014, all’indomani dell’annessione della Crimea e dello scandalo per l’esibizione della drag queen Conchita Wurst – simbolo della libertà di genere che tanto infastidisce il Cremlino – Putin aveva espresso nostalgia per una versione “più adatta alle famiglie” del concorso europeo. Ma allora il sogno era rimasto sulla carta. Oggi, dopo tre anni di isolamento internazionale e uno sforzo titanico di rebranding politico e culturale, il sogno si fa realtà. Il prossimo 20 settembre, Intervision tornerà in scena. E sarà più ideologico che mai.

L’Ucraina, manco a dirlo, ha alzato subito la voce. Il ministero degli Esteri di Kiev ha definito l’evento “uno strumento di propaganda russa” e ha invitato tutti i Paesi a boicottarlo. Ma la partecipazione americana ha spiazzato tutti. Perché? Perché la presenza degli Stati Uniti – anche solo formale – fornisce a Mosca l’alibi perfetto: “Non siamo isolati, stiamo ricostruendo il mondo a nostra immagine”. È un paradosso, forse, ma funziona. “A differenza di Eurovision, Intervision non impone ideologie straniere e rispetta la sovranità culturale dei Paesi partecipanti”, ha dichiarato il ministro della Cultura russo. Tradotto: niente arcobaleni, niente bandiere LGBTQ+, niente drag queen. Solo patriottismo, ballate nazionali e canzoni sulla grandezza della patria.

A rappresentare la Russia, manco a dirlo, sarà Shaman, al secolo Yaroslav Dronov, l’idolo pop che ha scalato le classifiche con il brano “Ya Russkiy” – “Sono russo” – diventato l’inno non ufficiale del putinismo musicale. E nella giuria ci sarà Igor Matvienko, fondatore dei Liubè, il gruppo preferito dallo Zar e colonna sonora di ogni sua uscita pubblica. Il messaggio è chiaro: Intervision non sarà un festival, ma un manifesto.

Ma cosa rappresenterà l’America? E soprattutto, chi la rappresenterà? Per ora bocche cucite. La scelta dei candidati americani è avvolta nel mistero. C’è chi scommette su un artista vicino alla destra trumpiana, magari un countryman patriottico con la bandiera tatuata sull’avambraccio. Qualcuno azzarda il nome di Kid Rock. Altri parlano di una mossa diplomatica clamorosa orchestrata dai circoli isolazionisti statunitensi. Di certo, Intervision non è uno show da poco. È un segnale politico, un evento pensato per sedurre quei Paesi che non si riconoscono nei valori “globalisti” dell’Occidente e che guardano alla Russia come alternativa culturale oltre che strategica.

Nata nel 1965 e subito soppressa nel 1968 dopo l’invasione della Cecoslovacchia, Intervision era tornata in vita tra il 1977 e il 1980, con base a Sopot, in Polonia. Allora ospitò anche star occidentali come Gloria Gaynor e i Boney M, nel tentativo – fallito – di dare un volto più pop all’Urss brezneviana. Oggi, la posta in gioco è diversa: si tratta di riscrivere la geografia del soft power, usando la musica come mezzo per ridisegnare alleanze e identità. E in questo, Putin è maestro.

A 78 giorni dal debutto, Intervision è già un fenomeno. I social russi sono impazziti. Le televisioni ne parlano ogni sera. Le scuole organizzano concorsi per preparare i fan. “Non è solo uno spettacolo”, ha detto un deputato della Duma. “È un simbolo del mondo multipolare che vogliamo costruire”. E intanto, da Washington, il silenzio. Nessuna conferma ufficiale, nessuna smentita. Solo una domanda che aleggia come un’ombra: davvero gli Stati Uniti canteranno sul palco del Cremlino?

E se sì, quale sarà il ritornello?