Regionali Campania e Puglia, Commissione Antimafia individua 8 candidati impresentabili

Palazzo Chigi

Otto candidati considerati impresentabili nelle regionali di Campania e Puglia, nessuno in Veneto. È il quadro tracciato dalla Commissione parlamentare Antimafia, che ha completato le verifiche sul rispetto del codice di autoregolamentazione e ha annunciato in seduta ufficiale i nomi di coloro che, secondo gli accertamenti, non risultano conformi ai parametri richiesti. Un passaggio atteso, come di consueto alla vigilia delle consultazioni, ma che questa volta ha provocato immediate tensioni politiche e reazioni indignate da parte di alcuni dei diretti interessati.

In Campania i candidati segnalati sono quattro. Tre appartengono alle liste che sostengono la candidatura del centrodestra con Edmondo Cirielli: Davide Cesarini, indicato nella lista «Democrazia Cristiana con Rotondi – Centro per la Libertà»; Luigi Pergamo, espressione della lista «Pensionati Consumatori – Cirielli Presidente»; e Maria Grazia Di Scala, candidata con «Casa Riformista per la Campania». A questi si aggiunge Pierpaolo Capri, candidato dell’Unione di Centro e collegato alla coalizione che sostiene Roberto Fico, candidato del campo largo. I profili sono stati inseriti nel registro degli impresentabili dopo la valutazione di provvedimenti giudiziari, carichi pendenti o procedimenti in corso incompatibili con il codice adottato da tutti i partiti.

Scenario simile in Puglia, dove risultano impresentabili altri quattro nomi. Tre provengono dalla lista «FI-Berlusconi-Partito Popolare Europeo-Lobuono Presidente»: Antonio Ruggiero, Paride Mazzotta e Pasquale Luperti. Il quarto, Marcello Cocco, è candidato nella lista «Alleanza Civica per la Puglia», collegata a Sabino Mangano. Il lavoro della Commissione ha riguardato anche alcuni Comuni sciolti per infiltrazioni mafiose, dove sono stati individuati ulteriori aspiranti amministratori non conformi, ma il focus politico resta concentrato sulle regionali.

La polemica più accesa si è sviluppata proprio attorno al nome di Paride Mazzotta. Il consigliere regionale di Forza Italia, ricandidato nella circoscrizione di Lecce, ha reagito con durezza alla notizia, denunciando quello che definisce un grave scambio di persona. «La Commissione Antimafia sostiene che io sia impresentabile e mi aspetto delle scuse», ha dichiarato. «Mi vengono attribuite ipotesi di reato mai contestate. Per la turbativa d’asta si tratta di un vero e proprio errore di persona: un presupposto totalmente infondato». Mazzotta sostiene inoltre che l’altra ipotesi citata non sia mai stata esaminata da alcun collegio giudicante. «Sono orgogliosamente candidato per la mia terra e chiedo che la Commissione corregga l’errore con la stessa diffusione della notizia che ha leso la mia immagine. È impossibile commettere sbagli così gravi su questioni delicate e in una fase elettorale così sensibile».

Le parole del consigliere hanno immediatamente aumentato la pressione sul lavoro della Commissione, anche se dall’organismo parlamentare filtra la convinzione che le procedure seguite siano state corrette e basate su documentazione acquisita da procure, tribunali e prefetture. La presidente Chiara Colosimo ha ribadito che gli elenchi vengono redatti applicando criteri oggettivi e condivisi da tutte le forze politiche, e che il codice di autoregolamentazione rappresenta un impegno assunto volontariamente da partiti e coalizioni per garantire trasparenza e credibilità nelle liste.

La pubblicazione dei nomi arriva in un momento particolarmente delicato della campagna elettorale, con gli equilibri regionali ancora instabili e il centrodestra impegnato a difendere la solidità delle proprie candidature, mentre lo schieramento progressista prova a capitalizzare eventuali contraccolpi. In entrambe le regioni il tema legalità torna a occupare un ruolo centrale, evocando ombre del passato e la necessità di rafforzare i meccanismi di selezione della classe dirigente.

La discussione è destinata a proseguire nei prossimi giorni, tra richieste di chiarimento, possibili ricorsi e verifiche supplementari. Ma al di là delle reazioni immediate, il caso mette ancora una volta in evidenza il peso politico del marchio di “impresentabile”, un’etichetta che, quando compare a ridosso del voto, rischia di segnare non solo i singoli candidati ma l’immagine complessiva delle coalizioni coinvolte.