Riforma elettorale e regionali: la democrazia italiana a un bivio

Urne elezioni

I risultati elettorali delle tre regioni – Veneto, Campania e Puglia – sono ampiamente commentati. I responsabili delle formazioni (parlare di Partiti è un azzardo…) sono concentrati a cogliere dal responso delle urne utili indicazioni per le future strategie.

Vi è un confronto non solo fra le formazioni che si sono contrapposte nella campagna elettorale, ma soprattutto all’interno delle singole formazioni e delle coalizioni di maggioranza o opposizione a livello nazionale. Si sapeva che il Veneto sarebbe andato al centrodestra a guida leghista mentre la Campania e la Puglia al campo largo. Rimangono le sfide interne con vincitori e delusi. Nell’area della coalizione di governo i segnali di insofferenze e contraddizioni sono stati coperti dallo scalpitio di una presidente del consiglio movimentista. Ora lo scenario appare un po’ diverso.

Crollano le sicurezze ostentate in questi anni difronte nuovi scenari. La Lega tiene bene in Veneto, preludio di una perdurante presenza nel Nord, mentre nel campo largo la corsa per il “premierato” non produce idee. Nessuna attenzione al fenomeno della diserzione dell’elettorato, spia di una sofferenza istituzionale che restringe l’area delle garanzie democratiche. Nessun allarme per le dichiarazioni di esponenti di Fratelli d’Italia che difronte il mancato auspicato successo in queste regionali, guardando alle politiche del 2027 invocano stabilità. Il progetto e’ in “allestimento “ con una nuova legge elettorale.

Non potendo realizzare la riforma costituzionale del premierato si pensa di farla attraverso la legge ordinaria. Il sistema elettorale pensato è un proporzionale con un alto sbarramento di accesso, premi elettorali altissimi che ricordano la legge Acerbo.  La perla sarebbe l’indicazione nella scheda elettorale del nome candidato presidente del consiglio. Dunque una truffa di un falso proporzionale e una clamorosa sottrazione al presidente della repubblica delle prerogative di scelta del capo di governo.

Un ulteriore violazione della Costituzione. Siamo all’epilogo della esperienza democratica? Non lo so. Certo con un Parlamento diroccato fatto di nominati costretto per lo più a convertire i decreti legge dell’esecutivo, ”dominus” incontrastato, la situazione non è esaltante. Bisogna ricordare il precedente della riforma della Costituzione attraverso la legge elettorale del 1994. Fu l’approdo del disegno della metà degli anni ‘90 di sovvertimento della Costituzione. Anche allora si parlava di stabilità ,di bipolarismo e di alternanza. Scompariva il centro di equilibrio, veniva rimossa la politica con lo smantellamento del Parlamento che si avviava ad essere composto di nominati.

Le altre riforme elettorali sono la filiazione del “Mattarellum’. La presidente del consiglio persegue la continuità restringendo le libertà e la sinistra cerca un compromesso di convenienza. Il Movimento 5 Stelle riuscì ad aprire il Parlamento come una scatoletta di sardine come aveva promesso e il PD, per vuoto di pensiero e viltà politica, aggiunse i propri voti alla insana legge di riforma costituzionale della riduzione dei Parlamentari. La vera questione del Paese è la tenuta della democrazia e la libertà. Le manovre sono in atto soprattutto dopo l’ultima tornata elettorale.

Ci sono energie che convergono per difendere le libertà minacciate? Oppure ci si arrende di fronte un disegno che definitivamente vanifica anni di conquiste civili? Spero di no. Spero in un soprassalto di orgoglio e di ritrovato amor patrio. Quello vero e non di facciata!