Non cambiare una formula che funziona: è il mantra che accompagna i nuovi palinsesti di La7, presentati dopo una stagione da incorniciare. Da ottobre 2024 a giugno 2025 la rete ha raggiunto il miglior risultato della sua storia: un prime time stabile al terzo posto tra le emittenti nazionali, con il 6,3% di share medio e oltre 1 milione e 200mila spettatori nella fascia tra le 20 e le 22.30. Una crescita che prosegue senza sosta da venti mesi e che premia una linea editoriale precisa: informazione, approfondimento, cultura e satira, con uno stile riconoscibile e un parterre di conduttori che rappresentano, ormai, un marchio di fabbrica.
La prossima stagione non può che partire dai suoi punti fermi. A guidare il notiziario delle 20 c’è sempre Enrico Mentana, direttore del TgLa7, anima delle inossidabili #maratonementana, le dirette-fiume che si accendono nei momenti più caldi della politica italiana e internazionale. Il contratto è blindato fino a dicembre 2026 e, come ha dichiarato Urbano Cairo, il rapporto è solido e sereno. “Lui stesso ha detto chiaramente che resta a La7. Certo sarei felicissimo se anche domani volesse prolungare il contratto, ma non vedo alcun problema”, ha chiarito l’editore.
La settimana della rete segue un ritmo ormai familiare al pubblico affezionato. Lunedì con Corrado Augias e la sua “Torre di Babele”, martedì con Giovanni Floris e “diMartedì”, mercoledì con Aldo Cazzullo e “Una giornata particolare”, giovedì con Corrado Formigli e “Piazzapulita”, venerdì con Diego Bianchi alias Zoro e “Propaganda Live”, mentre il weekend si chiude con “In altre parole” di Massimo Gramellini. E Lilli Gruber, vera colonna della rete, continua a presidiare l’access prime time con il suo “Otto e mezzo”, da 17 anni punto fermo dell’informazione quotidiana.
Chi sostiene che La7 sia la voce dell’opposizione, trova in Cairo una replica netta: “Siamo una rete libera. Abbiamo attraversato Letta, Renzi, Gentiloni, Conte, Draghi e ora Meloni. Non siamo un partito, ma una televisione indipendente, con giornalisti capaci che invitano esponenti di ogni schieramento”. Il problema, semmai, è che “gli esponenti della maggioranza spesso non si presentano. Noi invitiamo tutti, ma ci piacerebbe vedere più rappresentanti del governo”. Il riferimento è chiaro: l’assenza ricorrente di voci istituzionali che scelgono altre piattaforme o decidono di non intervenire.
Sul fronte dei contratti, tutto confermato. Floris, Formigli, Gruber e Gramellini hanno rinnovato fino al 2030, segno di una strategia di lungo periodo che punta alla stabilità e alla continuità. In un palinsesto già molto solido, gli spazi per novità sono ridotti. L’unico slot su cui si ragiona è quello della domenica sera, per il quale Cairo ha promesso una riflessione. Anche il preserale è sotto esame: il pubblico di La7 non sembra interessato ai game show, e la rete sta cercando una formula più coerente con il proprio stile.
Le novità annunciate non sono molte, ma mirate. Roberto Saviano debutta con “La giusta distanza”, un programma in sei puntate che affronterà temi di attualità con il consueto taglio narrativo. Il procuratore Nicola Gratteri sarà il protagonista di “Lezioni di Mafie”, quattro puntate che promettono di coniugare divulgazione e denuncia. Ezio Mauro torna in prime time con due biografie speciali dedicate a Vladimir Putin e a Papa Francesco. Infine, un evento speciale: Fabrizio Gifuni, con la collaborazione di Gherardo Colombo, racconterà la storia della loggia P2 in una serata unica, che promette di fare discutere.
Anche il day time resta intatto: “Omnibus” con Gaia Tortora e Alessandra Sardoni, “Coffee Break” con Andrea Pancani, “L’Aria che Tira” condotta da David Parenzo e “Tagadà” con Tiziana Panella. Una macchina ben oliata, capace di presidiare ogni fascia oraria con approfondimenti, attualità e opinioni di segno diverso. Tra le novità, l’arrivo di Gerardo Greco nel team di “Omnibus”.
Sul piano pubblicitario, i segnali sono altrettanto positivi. La raccolta cresce oltre il 5%, mentre in prime time La7 è seconda tra i laureati (14,9% di share) e tra le fasce socio-economiche più elevate (13,1%). Una tv commerciale che si comporta da servizio pubblico, come ama ripetere Cairo, il quale lancia una proposta: “Per il tipo di contenuti che offriamo, sarebbe giusto ricevere almeno una piccola quota del canone Rai”.
Una proposta che farà discutere, ma che fotografa l’ambizione di una rete che ha saputo costruire negli anni una propria identità, lontana dai modelli più urlati e più omologati della concorrenza. E che oggi, forte dei numeri e della fiducia del suo pubblico, si permette di chiedere anche a chi governa di uscire dal bunker e accettare il confronto.