Strage di Bologna: ergastolo definitivo per Bellini. Dopo 44 anni, giustizia è fatta

La sentenza è arrivata in tarda serata, ma aveva il peso della storia sulle spalle. La Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per Paolo Bellini, ex militante di Avanguardia Nazionale, ritenuto esecutore materiale in concorso della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Quell’attacco provocò 85 morti e oltre 200 feriti, segnando per sempre la memoria collettiva del Paese.

Per la giustizia italiana, Bellini è il “quinto uomo” della strage, accanto ai già condannati Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Ma a rendere più complesso il quadro sono i mandanti occulti individuati dai magistrati: figure come Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi. Tutti deceduti prima di poter essere giudicati.

I giudici dell’Appello, già nel 2024, avevano precisato il ruolo di Bellini: avrebbe trasportato o fornito supporto logistico all’azione terroristica, con “piena consapevolezza” della portata dell’attentato. La prova chiave: un video amatoriale girato da un turista tedesco che lo immortala nella stazione pochi minuti dopo l’esplosione. A identificarlo, la sua ex moglie.

La Cassazione ha confermato anche le condanne a carico di chi ha cercato di insabbiare la verità. L’ex ufficiale dei carabinieri Piergiorgio Segatel è stato riconosciuto colpevole di depistaggio e condannato a sei anni. Domenico Catracchia, amministratore di alcuni immobili in via Gradoli a Roma, ha ricevuto quattro anni per aver fornito false informazioni al pubblico ministero.

Per il sostituto procuratore generale della Cassazione Antonio Balsamo, si tratta di una “pagina fondamentale nella realizzazione del diritto alla verità, non solo per le vittime e i loro familiari, ma per l’intero popolo italiano”.

Il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha affidato ai social un messaggio che sa di liberazione: «Questa sentenza è un atto dovuto verso chi ha lottato per anni con dignità. La memoria non si tutela con i monumenti, ma con il coraggio di cercare la verità». Lepore ha poi aggiunto un ringraziamento alla città: «I bolognesi non si sono mai arresi. È anche merito loro se oggi conosciamo ciò che per troppo tempo ci è stato negato».

Un pensiero condiviso dalla segretaria del Pd Elly Schlein: «La matrice fascista della strage è finalmente scritta in una sentenza definitiva. Non si tratta di opinioni, ma di verità giudiziaria. Questa è una vittoria per la democrazia italiana».

Accanto alle parole delle istituzioni, quelle di chi ha vissuto la tragedia sulla propria pelle. L’avvocato Andrea Speranzoni, legale dell’associazione dei familiari delle vittime, ha parlato di «un punto d’arrivo che certifica in modo inequivocabile i mandanti, gli esecutori e le coperture. Ora anche i depistaggi hanno un nome e un volto».

La Cassazione aveva già confermato l’ergastolo anche per Cavallini, riconoscendo così un quadro organico che lega l’attentato al disegno eversivo degli anni della strategia della tensione. Un’epoca di sangue in cui terrorismo nero, logge occulte e settori deviati dello Stato agirono con l’intento di destabilizzare le istituzioni democratiche.

Oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, quella ferita rimane. Ma qualcosa è cambiato. La giustizia ha parlato, e le sue parole sono pietra. Come quelle incise nel marmo della sala d’aspetto della stazione, sotto l’orologio fermo alle 10.25.