Trump accusa sei parlamentari democratici di “sedizione” e invoca arresto e pena di morte: scontro senza precedenti sulla lealtà delle forze armate

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Il presidente Donald Trump ha aperto un nuovo fronte del conflitto politico accusando un gruppo di sei parlamentari democratici di “sedizione” e invocando per loro l’arresto e perfino la pena di morte. L’attacco, durissimo anche per gli standard di una stagione politica già esasperata, arriva dopo la diffusione di un video di novanta secondi pubblicato sui social dalla senatrice Elissa Slotkin, in cui il gruppo si rivolge direttamente ai membri delle forze armate e dell’intelligence invitandoli a rifiutare ordini illegali. A scatenare la reazione del presidente è stata proprio questa frase, definita da lui “un atto sovversivo e pericoloso”, tanto da trasformare in poche ore un messaggio istituzionale in un caso nazionale.

Nel video, Slotkin – insieme al senatore dell’Arizona Mark Kelly e ai deputati Jason Crow, Chris Deluzio, Maggie Goodlander e Chrissy Houlahan – parla a nome di chi conosce dall’interno le dinamiche della sicurezza nazionale. Tutti, infatti, provengono da esperienze nell’esercito o nell’intelligence e si rivolgono ai militari ricordando che “il popolo americano ha bisogno che voi difendiate la Costituzione”. Un appello che evocava implicitamente la delicatezza del momento, mentre l’amministrazione Trump continua a tentare lo schieramento delle unità della Guardia Nazionale nelle città americane per compiti contestati e in parte respinti dai tribunali. Slotkin riconosce esplicitamente che i militari sono “sotto enorme stress e pressione”, e li esorta a restare fedeli alla legge in caso di ordini ritenuti illegittimi dai comandanti.

Il passaggio più criticato dal presidente è quello in cui i parlamentari affermano che la Casa Bianca “sta mettendo i nostri militari in divisa contro i cittadini americani”. Parole che Trump ha definito “infami menzogne” e “propaganda sediziosa”. Nel suo post su Truth Social è andato oltre, annunciando che chi “incoraggia i soldati a disobbedire al Comandante in Capo” si rende colpevole di “comportamento sedizioso ai più alti livelli” e meriterebbe “l’arresto immediato e la pena di morte”.

Le reazioni democratiche non si sono fatte attendere. Il leader della minoranza Hakeem Jeffries, la capogruppo Katherine Clark e il presidente del Caucus democratico Pete Aguilar hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui parlano di “minacce di morte disgustose e pericolose”. I tre hanno contattato la polizia di Capitol Hill per verificare che i parlamentari coinvolti e le loro famiglie fossero al sicuro, segno che la tensione non è più solo politica ma sfiora la sicurezza personale. “Il presidente deve cancellare immediatamente i suoi post squilibrati e ritrattare la sua retorica violenta prima che qualcuno si faccia male”, hanno scritto.

Nel frattempo, il video continua a circolare online, diventando un simbolo di un conflitto istituzionale senza precedenti. I sei parlamentari, pur evitando escalation verbali, hanno difeso il senso del loro messaggio: ricordare agli uomini e alle donne in divisa che, secondo la legge americana, esiste l’obbligo di rifiutare un ordine illegale. È un principio noto da sempre, applicato anche in passato e radicato nella tradizione militare statunitense. Il riferimento finale alla frase “non abbandonare la nave”, risalente alla guerra del 1812, è diventato improvvisamente un punto di attrito in un clima già incandescente.

Il contesto in cui esplode lo scontro non è irrilevante. Da settimane varie amministrazioni cittadine e alcuni Stati hanno resistito alla mobilitazione della Guardia Nazionale richiesta dalla Casa Bianca, contestando la legittimità di alcuni ordini e ottenendo in più di un caso il blocco da parte dei giudici. La questione della lealtà militare – sempre delicatissima per qualunque democrazia – si intreccia così con la battaglia politica e con una retorica che, come denunciano i democratici, rischia di oltrepassare la linea rossa della sicurezza.

Resta ora da capire se il presidente proseguirà su questa strada o se le pressioni istituzionali lo convinceranno a smorzare i toni. Intanto i sei parlamentari continuano a ribadire che il loro appello non riguardava l’insubordinazione, ma un principio di legalità che considerano fondamentale. Una distinzione che, nel vortice politico di queste ore, sembra smarrita. Il caso, però, ha aperto un fronte nuovo: la lealtà delle forze armate in una fase di forte instabilità politica, sempre più terreno di scontro pubblico tra Casa Bianca e Congresso.