Sul tavolo cessate il fuoco, ostaggi e ricostruzione. Trump: “Non permetterò l’annessione della Cisgiordania”
Benjamin Netanyahu torna alla Casa Bianca per la quinta volta dall’inizio del secondo mandato di Donald Trump. Lunedì alle 11 ora locale (le 17 in Italia) il premier israeliano incontrerà il presidente Usa per un faccia a faccia cruciale, seguito da una conferenza stampa congiunta prevista per le 13.15.
Al centro del vertice c’è il piano in 21 punti elaborato dall’amministrazione Trump per Gaza, presentato la scorsa settimana a margine dell’Assemblea generale dell’Onu ai leader arabi e musulmani. Un documento che prevede: cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, governance post-bellica, accordi di sicurezza e ricostruzione della Striscia.
Trump-Netanyahu, la clausola decisiva: no all’annessione
Elemento chiave della proposta, che ha convinto diversi Paesi arabi a guardare con favore all’iniziativa americana, è la garanzia che Israele non annetterà parti della Cisgiordania. Un punto su cui Trump è stato netto:
“Non permetterò a Israele di annettere la Cisgiordania. Non accadrà”.
Netanyahu: “Voglio un nuovo futuro per la regione”
In un’intervista a Fox News, il premier israeliano ha dichiarato di sperare nel successo del piano, perché vuole “la liberazione degli ostaggi, la fine del dominio di Hamas a Gaza e la creazione di un nuovo futuro per la regione e la sua popolazione”.
Nella notte, Netanyahu ha discusso i dettagli del piano con l’inviato speciale Steve Wikoff e Jared Kushner, genero di Trump, in un incontro durato ore nel suo hotel a Washington. Trump, dal canto suo, ha rilanciato sui social un messaggio di ottimismo: “Abbiamo una reale possibilità di grandezza in Medio Oriente. Tutti sono a bordo per qualcosa di speciale, per la prima volta in assoluto. Ce la faremo”.
Il contesto internazionale
Il vertice arriva in un momento delicato: diversi Paesi occidentali, tra cui Regno Unito, Francia, Canada e Australia, hanno recentemente riconosciuto lo Stato di Palestina. Una mossa che Netanyahu ha definito all’Onu un “marchio di vergogna”, accusando quei governi di trasmettere il messaggio che “uccidere gli ebrei paga”.
La tensione resta altissima anche perché il cessate il fuoco negoziato durante la presidenza Biden è crollato lo scorso marzo, e i successivi tentativi di mediazione – anche con l’aiuto di Egitto e Qatar – sono falliti. Ad aggravare il quadro, l’attacco aereo israeliano a Doha del 9 settembre che ha ucciso cinque membri di Hamas e un agente di sicurezza qatariota.
Trump-Netanyahu, un rapporto intenso e controverso
Quello di oggi è il quinto incontro tra i due leader alla Casa Bianca nel 2025. Dalla “Riviera del Medio Oriente” immaginata da Trump a febbraio, al confronto sulle tariffe doganali in aprile, fino alle discussioni di luglio sulla guerra con l’Iran, ogni appuntamento ha confermato la natura ambivalente della relazione: vicinanza strategica ma anche tensioni su scelte sensibili.
Stavolta, però, il mondo guarda con attenzione. Perché se il piano americano dovesse concretizzarsi, potrebbe segnare la svolta più ambiziosa del secondo mandato di Trump e il futuro stesso di Gaza.