Una società sotto assedio: la nuova spirale di violenza tra femminicidi, giovani vittime e impunità diffusa

a visual protest action against femicide

-Ha un malore, entra in un bar e viene violentata in cantina: arrestato un 28enne.

-Catania, sentenza shock, la vittima: “Il libretto, le proposte oscene, le risatine dei giudici. L’assoluzione un dolore enorme”.

-Il femminicidio di Afragola. “Martina ha rifiutato un abbraccio, era di spalle e l’ho colpita”: la confessione di Alessio Tucci.

-Catania, posteggiatore abusivo uccide a coltellate un trentenne sul lungomare.

-Milano, morto dopo due settimane il ragazzo di 13 anni accoltellato da un pusher durante una lite

Questi alcuni titoli di Repubblica di ieri. Danno l’idea della violenza in cui è piombata la nostra società. Dalla cronaca nera di Catania e Milano al femminicidio di Afragola: un filo rosso unisce episodi apparentemente scollegati, raccontando il declino di una società smarrita. Un’analisi tra dati, testimonianze e il contesto globale.

Ogni giorno, le pagine di cronaca raccontano l’orrore. L’orrore che si consuma dentro le nostre città, tra bar, strade, scuole, case. Storie che un tempo sarebbero apparse eccezionali per la loro efferatezza, oggi si susseguono con una frequenza disarmante. La notizia di una donna violentata in un bar, dopo essere entrata per chiedere aiuto per un malore, si affianca a quella di Martina, uccisa ad Afragola da un uomo che si sentiva rifiutato. A Milano, un ragazzo di tredici anni muore dopo due settimane di agonia, accoltellato da uno spacciatore durante una lite. E a Catania un giovane viene ucciso a coltellate da un posteggiatore abusivo.

Non è solo la violenza fisica a impressionare: è il contesto che la accompagna. Una sentenza di assoluzione che lascia attonita una vittima di stupro; le “risatine dei giudici” evocate nelle sue dichiarazioni; le proposte oscene annotate su un libretto. Non si tratta solo di cronaca nera. È il termometro di una società in crisi.

Secondo l’ultimo rapporto dell’Istat (2024) sulla criminalità in Italia, le violenze contro le donne sono in aumento del 6,7% rispetto all’anno precedente. In particolare, i femminicidi crescono in modo stabile da cinque anni, nonostante le campagne di sensibilizzazione e le nuove leggi varate. Il 70% delle vittime conosceva l’aggressore. Il 44% aveva già sporto denuncia.

Il dato più allarmante, però, riguarda il crescente senso d’impunità. Secondo l’Osservatorio permanente sulla giustizia penale dell’Università di Bologna, il 32% dei processi per violenza sessuale si conclude con un’assoluzione, spesso per “mancanza di prove” o “inattendibilità della vittima”. Un numero che solleva interrogativi sulla tenuta del sistema giudiziario e sul suo rapporto con le vittime.

Non sono solo le donne a essere bersaglio di questa nuova spirale di violenza. Le nuove generazioni sembrano essere le principali vittime e, spesso, anche i carnefici. Il 45% dei reati violenti commessi in ambito urbano coinvolge minori o giovani sotto i 25 anni, secondo il Ministero dell’Interno (Rapporto sulla sicurezza urbana, 2025). La maggior parte di questi avviene in contesti periferici, connessi a microcriminalità, spaccio, emarginazione sociale.

La morte del tredicenne a Milano rientra in un quadro più ampio. Aumentano le aggressioni legate a piccoli debiti, a risse tra gang, a litigi esplosi in pochi minuti. Ma dietro queste esplosioni di violenza, c’è un disagio più profondo: il vuoto educativo, il fallimento delle politiche giovanili, l’abbandono scolastico, che in Italia tocca ancora il 10,5% dei ragazzi tra i 14 e i 18 anni, secondo l’Eurostat (2024).

Non si può ignorare il contesto globale. In un pianeta segnato da più di 70 conflitti attivi, dalla guerra in Ucraina alle tensioni in Medio Oriente, dalla repressione in Iran fino al colpo di stato in Sudan, si assiste a una crescente normalizzazione della brutalità. La cultura della guerra, dell’odio, della sopraffazione filtra nella società anche in tempi di pace.

La relazione annuale del Global Peace Index (2024) ha registrato un peggioramento globale nei livelli di sicurezza, indicando un trend negativo continuo per il settimo anno consecutivo. L’Italia scende al 41° posto per stabilità e coesione sociale, con punteggi bassi per la “percezione di sicurezza nei centri urbani” e l’“efficacia del sistema giudiziario”.

Sociologi e filosofi hanno più volte denunciato l’erosione del legame sociale. Per Zygmunt Bauman, la “società liquida” che ci circonda ha disgregato le strutture di solidarietà e fiducia reciproca. Le comunità sono sempre più isolate, le famiglie più fragili, i giovani più soli.

Secondo uno studio dell’Istituto Cattaneo (2024), il 58% degli italiani tra i 18 e i 30 anni dichiara di non avere fiducia in alcuna istituzione, né scolastica, né politica, né religiosa. Il 36% non ha figure adulte di riferimento nella propria vita quotidiana. È in questo vuoto che cresce l’aggressività, spesso come unica risposta al disagio.

Non esiste una soluzione unica. Servono interventi strutturali: investimenti nell’educazione, nel sostegno psicologico, nella rigenerazione urbana, nella formazione della magistratura e delle forze dell’ordine su dinamiche di genere e disagio giovanile. Serve una giustizia più vicina alle vittime, capace di ascoltare e proteggere. Ma soprattutto serve una visione collettiva, un progetto sociale e culturale che rimetta al centro il valore della vita, della dignità, del rispetto.

In un’epoca di guerre e di nuove dittature, anche la democrazia interna si misura da come protegge i più fragili. E oggi, in Italia, troppe persone fragili restano sole. Spesso fino alla morte.

di Ernesto Mastroianni