La vera rivoluzione, a volte, passa da piccoli gesti. Come quello di non dover più frugare nervosamente nel portafoglio per trovare la carta d’identità mentre il gate sta chiudendo. Dal 6 luglio 2025 qualcosa è cambiato nei cieli italiani: per salire su un aereo diretto in una città italiana o in un Paese dell’area Schengen non serve più esibire un documento d’identità. Basta la carta d’imbarco.
A dare l’annuncio è l’Enac – Ente nazionale per l’aviazione civile – che ha confermato l’introduzione della nuova procedura, già approvata dal Ministero dell’Interno. Il debutto è avvenuto in silenzio, quasi come un test a sorpresa: il volo Ryanair da Bergamo a Minorca del 6 luglio è partito senza che ai passeggeri venisse chiesto un documento. Solo la scansione del QR code del biglietto elettronico. E via.
Una svolta attesa da anni, in linea con l’evoluzione dei sistemi di identificazione digitale già sperimentati in diversi Paesi europei, Germania in testa. La novità mira a snellire i controlli, ridurre le code ai gate e rendere più fluido l’accesso agli imbarchi, soprattutto nei periodi critici come l’estate. Eppure, non è tutto oro quel che vola.
Il documento serve ancora. Va portato con sé, eccome. Perché resta necessario in caso di controlli a campione da parte delle forze dell’ordine. O in tutte quelle situazioni non coperte dalla nuova procedura: ad esempio, se si vola verso un Paese fuori dallo spazio Schengen, o se si sceglie di fare il check-in fisico in aeroporto. In quei casi, il documento va mostrato eccome, e dimenticarlo potrebbe trasformare una vacanza in incubo.
Anche perché la carta d’imbarco è oggi più intelligente, ma non infallibile. Il nuovo sistema si basa su un incrocio di dati tra il biglietto e le banche dati ufficiali, come l’anagrafe nazionale. Se Mario Rossi ha prenotato un volo e il suo codice fiscale risulta corretto, il gate lo riconosce e lo lascia passare. Ma se c’è un errore, un omonimo o un dato mancante? Meglio avere il documento a portata di mano. Non si sa mai.
La semplificazione riguarda esclusivamente i voli domestici e quelli diretti verso Paesi Schengen. Parliamo di 25 Stati dell’Unione europea più Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein. Restano escluse l’Irlanda, Cipro (che sta ancora completando il processo di adesione) e ovviamente tutti i voli intercontinentali. Anche all’interno dello stesso spazio Schengen, ogni Paese può comunque adottare eccezioni, quindi è bene informarsi prima di partire.
L’obiettivo dichiarato è chiaro: rendere gli aeroporti più agili e smart. I numeri parlano chiaro: entro la fine del 2025, oltre 51 milioni di viaggiatori in Italia potranno usufruire della nuova modalità. Nel 2026 diventeranno 92 milioni, con un’estensione capillare a tutti gli scali e le principali compagnie aeree. Si guarda al modello treno: zero controlli all’ingresso, identificazione digitale a bordo, sicurezza demandata all’efficienza tecnologica.
Ma attenzione all’entusiasmo eccessivo. Il “viaggio senza documenti” non è ancora realtà piena. È piuttosto una via di mezzo tra modernità e prudenza. Un passo avanti, sì, ma con la cintura allacciata. Il rischio, altrimenti, è quello di trasformare una semplificazione in superficialità. Perché, in fondo, il documento è come l’ombrello: se non piove, resta chiuso. Ma quando serve, è meglio averlo con sé.