“Stanno aumentando gli accessi nei punti di primo soccorso e registriamo al momento una impennata”, è il monito lanciato da Alessandro Riccardi, presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), in un’intervista all’ANSA. Un campanello d’allarme che risuona forte mentre l’Italia affronta una delle ondate di calore più intense dell’estate, con termometri bollenti da Nord a Sud.
Nel mirino dell’emergenza, ancora una volta, ci sono i soggetti più vulnerabili: pazienti cronici, anziani affetti da più patologie, persone senza una rete di sostegno, come i senzatetto. È questa la popolazione più colpita dai disagi del caldo estremo, e le cui condizioni di salute rischiano di precipitare all’improvviso. I Pronto soccorso segnalano un incremento degli accessi fino al 20%, con punte nelle città più calde e nei luoghi a forte affluenza turistica.
Riccardi sottolinea che i maggiori problemi si verificano “nei pazienti cronici o tra gli anziani, perché in questi soggetti le ondate di calore possono aggravare patologie preesistenti e portare a manifestazioni acute”. A destare preoccupazione non sono tanto i classici colpi di calore, quanto piuttosto gli scompensi legati a malattie cardiovascolari, respiratorie o neurologiche.
Il quadro è particolarmente critico nelle grandi aree urbane. A Napoli, l’ospedale Cardarelli ha registrato nei giorni scorsi picchi di 250 accessi al giorno, ben oltre la media abituale di 210. Circa il 30% dei pazienti arrivati in codice rosso o arancione erano anziani con disturbi causati da disidratazione o da aggravamenti di condizioni cliniche già compromesse.
Ma non è solo il caldo a mettere sotto stress il sistema sanitario. La carenza di personale rappresenta un ulteriore nodo da sciogliere. A Catanzaro, per esempio, il Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera universitaria Dulbecco sarà potenziato con 30 medici specializzandi, che andranno a supportare la gestione dei codici meno gravi.
C’è poi il fenomeno silenzioso ma sempre più diffuso dei cosiddetti “ricoveri sociali”. Come spiega Riccardi, si tratta di “anziani soli o di persone senza fissa dimora che, in difficoltà per le temperature roventi e senza una rete familiare o assistenziale cui fare riferimento, si rifugiano nei Pronto soccorso anche in assenza di una patologia acuta vera e propria”. In questi casi, l’ospedale diventa un rifugio temporaneo, e spesso si arriva al ricovero non per necessità cliniche, ma per mancanza di alternative.
Una situazione che grava ulteriormente su reparti già al limite della capienza. I posti letto sono sempre meno, e con l’impennata degli accessi dovuti al caldo, le attese in Pronto soccorso si allungano inevitabilmente. “Il problema non è nuovo”, conclude Riccardi. “Negli ospedali i posti letto sono diminuiti e con l’emergenza caldo e l’aumento degli accessi nei punti di emergenza, le file e le attese prolungate nei Pronto soccorso diventano, purtroppo, inevitabili”.