Il dibattito sul fine vita entra nel cuore dell’oncologia italiana: il 63% degli oncologi si dichiara favorevole all’eutanasia nei pazienti affetti da tumori, il 50% in casi specifici, il 13% sempre. Lo rivela un sondaggio promosso dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dalla Fondazione Aiom, presentato a Lecce nell’ambito delle Giornate dell’Etica, con il convegno “Fine vita: la cura oltre la malattia”.
Il dato emerge da un’indagine condotta su 562 medici provenienti da diverse specialità coinvolte nella cura dei pazienti oncologici, e pone l’accento su un tema centrale e ancora privo di una disciplina normativa chiara.
Eutanasia, Perrone (Aiom): “Serve una norma, troppe zone grigie”
“Il fine vita è da mesi al centro del dibattito parlamentare. Il nostro sondaggio mostra con forza che serve una legge nazionale, chiara e attuabile”, afferma Francesco Perrone, presidente Aiom.
Secondo il sondaggio, il 90% dei clinici ritiene necessaria una legge sul fine vita, anche per risolvere ambiguità interpretative su temi come idratazione e nutrizione artificiale, che il 50% considera trattamenti medici e l’altro 50% terapie di supporto.
“Il disegno di legge attualmente in discussione – aggiunge Perrone – lascia troppe incognite: non coinvolge direttamente il Servizio sanitario nazionale nella procedura, non specifica chi deve prescrivere o somministrare i farmaci, né chi deve seguirne l’attuazione. Questo rischia di creare una selezione per censo e gravi disparità di accesso ai diritti di fine vita”.
Cure palliative ancora troppo marginali
Il sondaggio mette in luce un altro paradosso: il 60% dei medici continua a somministrare terapie anticancro nell’ultimo mese di vita, mentre solo il 29% dichiara di attivare sempre la sedazione palliativa quando indicata.
“Eppure – spiega Vittorina Zagonel, già direttrice dell’Oncologia all’Istituto Oncologico Veneto – le cure palliative sono un diritto e vanno garantite sin dall’inizio della malattia avanzata. La sedazione palliativa, in particolare, deve essere disponibile come percorso strutturato e integrato, non residuale”.
Il 92% dei clinici ritiene attuabile la pianificazione condivisa delle cure prevista dalla legge 219 del 2017, ma solo il 9% la mette sempre in pratica. Il 72% sostiene che le disposizioni anticipate del paziente debbano essere rispettate sempre.
Eutanasia, Cinieri (Fondazione Aiom): “Tempi incompatibili con la sofferenza”
Per Saverio Cinieri, presidente della Fondazione Aiom, la situazione attuale è insostenibile. “Il doppio passaggio previsto dagli emendamenti – dai comitati etici territoriali al Centro nazionale di coordinamento – può richiedere fino a cinque mesi. Sono tempi incompatibili con chi vive una sofferenza irreversibile“.
Cinieri sottolinea inoltre che “le richieste di aiuto medico a morire restano poche rispetto all’incidenza oncologica in Italia (390.100 nuovi casi nel 2024), ma rappresentano un bisogno reale. Il 50% dei clinici favorevoli lo è in condizioni ben precise, in linea con i criteri della Corte costituzionale: sofferenza intollerabile, malattia irreversibile, capacità di decidere, dipendenza da supporto vitale”.
Di Maio (Aiom): “Serve integrazione strutturata delle cure palliative”
“Il modello delle cure simultanee, che integra precocemente cure palliative e terapie attive, è disponibile nel 77% delle strutture ma va ancora potenziato”, sottolinea Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom.
Richiamando uno studio pubblicato nel 2010 sul New England Journal of Medicine, Di Maio ricorda che “le cure palliative precoci migliorano non solo la qualità ma anche la durata della vita nei pazienti oncologici. Eppure, la carenza di palliativisti rende difficile l’applicazione diffusa del modello”.”La soluzione – conclude – passa anche dalla formazione degli oncologi su competenze palliative di base. La medicina di precisione deve valere anche per la palliazione: serve scegliere il momento giusto, che non è l’ultimo giorno, ma l’inizio della malattia avanzata”.







